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Coronavirus, Confcommercio: 52 miliardi in meno di consumi

Economia

Riduzione dei consumi di 52 miliardi e calo del Pil del 3%, anche contando gli aiuti stanziati con l'ultimo decreto. Così Confcommercio fa una prima stima degli effetti del Covid sull'economia italiana. L'unico comparto che cresce è l'alimentare (+4,2%) 

 

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Difficile quantificare adesso quale sarà l’impatto dell’epidemia di Coronavirus sull’economia italiana. Molto difficile. Soprattutto perché non si ha – né si può avere – una data precisa in cui tutte le attività via via sospese o solo rallentate dalle misure anti-contagio potranno riprendere a pieno regime( TUTTI GLI AGGIORNAMENTI - TUTTE LE MISURE DEL DECRETO - COME SOSPENDERE IL MUTUO - I BONUS). Ci prova Confcommercio, ad abbozzare una prima stima, partendo da una ipotesi: “riapertura del Paese solo all'inizio di ottobre", si legge nello studio pubblicato oggi. Peggiora quindi la precedente previsione, più ottimistica, che era quella di una "riapertura" dell'Italia a giugno, che avrebbe comportato, per il 2020, la perdita di 1 punto di Pil e di 18 miliardi di consumi.E la cifra ipotizzata di calo dei consumi, in questa ipotesi, è nell’ordine dei 50 miliardi di euro.

"Se riapertura a ottobre, impatto sul PIL del 3%"

Il protrarsi delle chiusure delle attività produttive e di quelle del terziario, come commercio, turismo, servizi, trasporti e professioni, il calo dei consumi potrebbe toccare i 52 miliardi. Negozi chiusi, attività turistiche ferme, viaggi al palo: una economia semi-ferma, inbsomma. "Si fa più realistica - sottolinea l'Ufficio studi della Confcommercio - l'ipotesi della riapertura del Paese solo all'inizio di ottobre, con una riduzione dei consumi di oltre 52 miliardi e un calo del Pil di circa il 3%, stime che incorporano anche gli aiuti stanziati con l'ultimo decreto”. Ecco un’altra variabile: il Governo Conte per ora ha stanziato 25 miliardi ma ha già annunciato un altro pacchetto di misure, probabilmente della stessa entità, per metà aprile. C’è quindi ancora da valutare gli effetti di questi interventi pubblici (non solo del Governo italiano, ma anche della Commissione europea e, in maniera indiretta, della BCE) sulla tenuta del sistema.

I settori più colpiti: alberghi e trasporti. Si salva l'alimentare

“I settori che saranno più colpiti – prosegue lo studio di Confcommercio – sono: alberghi e ristorazione (-23,4 miliardi di consumi nel 2020, pari al -21,6%); trasporti e acquisto autoveicoli (-16,5 mld miliardi, con un -12,7%); cultura e tempo libero (-8,2 miliardi, pari a un -10,8%); abbigliamento (-6,6 miliardi pari a un -11,3%). Crescono solo, secondo le stime, i consumi alimentari, di bevande e di tabacchi, con 10,5 miliardi in più e una crescita del 4,2%.

Possibile ossigeno da BCE e interventi pubblici

" È evidente - conclude l'Ufficio Studi - che tutte le misure annunciate dalla BCE per evitare che dal settore reale la crisi migri a quello finanziario, così come i diversi interventi progettati a livello internazionale per assicurare un movimento ordinato del rendimento dei titoli sovrani dei diversi Paesi, non potranno evitare la recessione, ma ne mitigheranno l'impatto favorendo le condizioni di ripresa una volta superata l'emergenza sanitaria". Altri impatti da stimare meglio strada facendo, insomma.

Confindustria: fermo il 70% del tessuto produttivo"

Si esprime anche Confindustria, che per i settori di sua competenza stima in un 70% l’attività bloccata per le misure anti-contagio. Ma non si sbilancia, per ora, ad ipotizzare la data in cui l’attività industriale sarà normalizzata al 100%. "Il blocco delle attività produttive non essenziali, disposto dal Dpcm del 22 marzo scorso per l'attuazione di programmi di profilassi, ci ha fatto piombare in un'economia di guerra, che rischia di bloccare circa il 70% del tessuto produttivo e avere immediate ricadute sulla liquidità delle imprese necessaria per sostenere i costi, dagli stipendi ai fornitori". Lo scrive Confindustria nella memoria sul decreto Cura Italia depositata in Commissione Bilancio del Senato. "La priorità resta certamente la tutela della salute, ma - osservano gli industriali - occorre al contempo garantire un futuro economico al Paese dopo la fine dell'emergenza. Nel dare voce al tessuto produttivo del Paese, abbiamo accettato responsabilmente anche noi i sacrifici imposti dal Governo; al tempo stesso, in quanto imprenditori, abbiamo la responsabilità di pensare al futuro delle nostre aziende, dei lavoratori, delle famiglie".