Cgia: in Italia dal 2007 oltre 2 miliardi di ore lavorate in meno, -10,7% nel Mezzogiorno

Economia

L’Associazione Artigiani e Piccole Imprese: dall’anno pre-crisi flessione maggiore per gli autonomi (-14,4%). A livello regionale le riduzioni più importanti in Molise e in Sicilia (-12,4%), mentre ha resistito il Trentino Alto Adige (-1,1%)

Anche se il numero degli occupati è salito rispetto al 2007, l’ultimo anno prima della crisi, in Italia il numero di ore lavorate è crollato di 2,3 miliardi (-5%). A dirlo è l'Ufficio studi della Cgia (L'Associazione Artigiani e Piccole Imprese Mestre), che specifica come la caduta verticale abbia colpito di più gli autonomi rispetto ai lavoratori dipendenti e in misura maggiore il Mezzogiorno.

Dipendenti e autonomi

Se i lavoratori dipendenti tra il 2007 e la fine del 2018 hanno registrato una contrazione delle ore lavorate pari a 121 milioni (-0,4%), gli autonomi, invece, hanno perso quasi 2,2 miliardi di ore (-14,4%). Nei primi 9 mesi del 2019 (ultimo dato disponibile) la situazione è però in via di miglioramento: nel confronto con lo stesso periodo dell'anno precedente, autonomi e dipendenti hanno incrementato di 175 milioni lo stock di ore lavorate (+0,5%).

Più ore perse al Sud

La ripartizione geografica dove la flessione delle ore lavorate è stata più alta è il Mezzogiorno: tra il 2007 e il 2016 (ultimo anno in cui i dati regionali sono a disposizione) la contrazione è stata del 10,7% (pari a -1,4 miliardi di ore lavorate), contro il -5,8% del Nordest (- 563 milioni), il -5,7% del Nordovest (-755 milioni) e il -5,1% del Centro (-491 milioni). A livello regionale, le riduzioni più importanti si sono verificate in Molise e in Sicilia (-12,4% in entrambi i casi), in Campania (-12,3%) e in Basilicata (-11,1%). Per contro, la Lombardia (-4,8%), il Lazio (-2,9%) e il Trentino Alto Adige (-1,1%) sono state le regioni meno interessate da questo fenomeno.

Al Nordest aumento contenuto dei dipendenti a tempo parziale

Tra il 2008 e il 2018 l'escalation del numero di dipendenti a tempo parziale ha interessato soprattutto il Sud (+355.000 unità pari a una variazione del +55,4%. Più contenuto il dato che ha riguardato il Centro (+226.000 pari al +41,1%), il Nordovest (+275.000 pari al +35,7%) e il Nordest (+187.000 pari al +30,1%). Campania, Calabria e Puglia, invece, sono state le regioni con la più elevata percentuale di crescita, rispettivamente del 68%, del 66,7% e del 62,3%. Marche (+26%), Umbria (+22,8%) e Veneto (+12%) sono stati, infine, i territori meno coinvolti dall'aumento della "precarizzazione" del mercato del lavoro.

Penalizzate le piccole attività, salgono i lavoratori a tempo parziale

Con un'occupazione in aumento e un numero di ore lavorate ancora molto inferiore al livello pre-crisi, la produttività del lavoro, tuttavia, non ha registrato alcun incremento significativo. Oltre ad aver costretto alla chiusura molte piccolissime attività, la bassa crescita del Pil registrata in questi ultimi 12 anni ha condizionato negativamente anche la qualità dei nuovi ingressi nel mercato del lavoro. Se i lavoratori dipendenti a tempo parziale sono aumentati di oltre 1 milione di unità (+40,2% al 2008), lo stock di quelli full time, invece, è sceso di 341 mila unità (-2,3% rispetto al 2008). "Sebbene dal 2015 il monte ore lavorate sia tornato a crescere - dichiara il coordinatore dell'Ufficio studi Paolo Zabeo - il gap con il livello pre-crisi è ancora fortissimo e a pagare il conto sono stati, in particolar modo, gli artigiani e i piccoli commercianti. In questi ultimi 10 anni, infatti, il numero complessivo di queste piccole attività di vicinato è diminuito di 200mila unità. Chiusure che hanno desertificato molti centri storici e altrettante periferie di piccole e grandi cittaà, con una veemenza che dal secondo dopoguerra non si era mai verificata".

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