8 marzo: donne, incidete sul mondo!

Economia

Mariangela Pira

Penelope

Finanza & Dintorni

In questo excursus storico, quello che per me resta il grande scoglio quando si parla di esclusione delle donne dalle stanze del potere. Con qualche consiglio di lettura. Auguri a tutte!

Una storia radicata nella cultura, nella lingua, nei millenni. E’ quella della (non) partecipazione femminile alla vita politica, a quella imprenditoriale e, sempre più spesso, della mancanza di libertà nel loro semplice quotidiano.

Di questo vi parlo oggi. Dei miglioramenti che ci sono stati (molti) e del passo degli stessi, che resta quello di una tartaruga.

Basta vedere come le donne siano ancora in minoranza nelle stanze dove si prendono le decisioni, dagli Stati Uniti all’Europa e all’Italia. Le donne, in alcuni gruppi – prendiamo ad esempio la Gran Bretagna, regno dei servizi finanziari – guadagnano non meno, ma molto meno con una media del 50% rispetto ai colleghi uomini. Se ci pensate, è come se per parecchi giorni all’anno lavorassero gratis. McKinsey rincara la dose e in uno degli ultimi report sulla differenza di genere sottolinea come noi abbiamo il 24% di possibilità in meno di ottenere una promozione. 

E’ giusto? Ovviamente no. Mary Beard, competente e autorevole docente di materie classiche all’università di Cambridge, cita sempre sua madre per sottolineare come, dagli anni ’50 le cose siano notevolmente cambiate. Ma resta il fatto che la nostra sia una struttura maschile, con poco spazio per le donne. E non risolveremo questa situazione con la pazienza, anzi. Da realista, ritengo che anche ulteriori cambiamenti saranno molto graduali.

I modelli con cui siamo cresciute non sono femminili, anzi. Se di donne si parlava, lo si faceva per comunicare come la loro voce non risuonasse affatto nella sfera pubblica: Eco diventa strumento per diffondere la voce degli altri, Io viene trasformata in Giovenca da Giove affinché non possa più parlare. Ricordate l’ironia contro Hillary Clinton, si usò il volto  Medusa per schernirla sui social. Fate una semplice ricerca sulla rete, per monitorare voi stessi. Dunque, se non vogliamo parlare di questo argomento superficialmente, adagiandoci sul concetto di misoginia, dobbiamo acquisire consapevolezza del lungo retroterra che abbiamo alle spalle.

Ma le donne di potere alla Clinton e alla Merkel hanno una responsabilità. Perché, vedete, non tutte le donne aspirano a diventare presidenti o amministratori delegati. Vogliono semplicemente avere ‘potere’ nel loro quotidiano. E' necessario, badate bene, separare questa parola dal 'prestigio pubblico' (ecco perché come dice la professoressa Beard le donne non sono corse a votare in massa la Clinton: non si sono riconosciute in lei). 

E allora io torno sul tema principale, quello della struttura. Per questo libri come ‘Storie della buonanotte per bambine ribelli’ sono benvenuti. Serena Scarpello, autrice di ‘Comunicare Meno, Comunicare Meglio’ (ed. Guerini), ha analizzato i brand magazine italiani dagli anni ’30 ad oggi. Indovinate un po'? Le persone intervistate si sono rivelate guide moderne nel mare magnum della comunicazione, ma la gran pare sono… uomini. “Se mai ne scriverò un altro mi piacerebbe poter scoprire altrettante storie di donne del passato e incontrare quelle del presente per diffonderne al meglio la creatività che, come si dice, è appunto donna", afferma l'autrice. Del resto il libro ‘#comunicatrici’ (ed. Castelvecchi) di Janina Benedetta Landau e Antonella Dragotto, in cui intervistano nove donne tra le più in gamba nella comunicazione di grandi realtà italiane e internazionali, dimostra come le donne possano diventare potentissime tenendo le redini della parte più importante di un’azienda, quella in cui si rivolge al mondo raccontando il suo quotidiano. Un libro in cui si evince da una parte che potenza coincide spesso con competenza e dall'altra che la diversità di genere regna ancora sovrana.

Perché espressioni come ‘infrangere il soffitto di cristallo’ ci dicono che siamo percepite eccome all’esterno della sfera di potere. Concentriamoci dunque sui problemi più essenziali perché se una struttura è codificata come maschile forse occorre cambiare la struttura, non le donne; impariamo dal passato, dai millenni di storia che ci hanno insegnato che hanno portato a non dare ascolto alle donne; introduciamo modelli femminili nelle scuole. Come dice la Beard ragioniamo in modo collaborativo sul potere dei seguaci e non dei leader, che alle donne che lavorano e fanno la spesa non interessa diventare presidente degli United States of America.

Il mio augurio è questo. Come Margaret Thatcher, che sdoganò la borsetta (‘handbag’ in inglese, da cui ha origine il verbo ‘to handbag’ ovvero ‘conciare qualcuno per le feste in Parlamento) facendola diventare un simbolo del suo potere laddove i suoi consiglieri le consigliavano il tailleur pantalone, volgiamo a nostro favore quei simboli che stando alla struttura in cui viviamo ci depotenziano. Incidiamo sul mondo!

Mariangela

 

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