Mps e le richieste della BCE: cosa sta succedendo?

Economia

Mariangela Pira

Rocca_salimbeni

Finanza & Dintorni

Monte dei Paschi di Siena attraversa ancora acque agitate. Tutto è partito dalla missiva della Banca Centrale Europea, che ha posto alcune condizioni. Racconto cosa accade nel blog di oggi, con un linguaggio accessibile a tutti. 

Oggi vi parlo del gruppo Monte dei Paschi di Siena e di quanto sta accadendo in questi giorni. Uso un linguaggio semplice per far capire a tutti cosa sta accadendo.

Partiamo da un presupposto: la discesa in Borsa del titolo e le tensioni politiche attorno a un nuovo intervento pubblico ci dicono come l’istituto bancario attraversi ancora acque agitate.

Tutto è partito dal diktat della Banca Centrale Europea che con una lettera ha imposto alla banca due cose.

Primo, centrare gli obiettivi del piano di ristrutturazione. Secondo, sbarazzarsi con scadenze precise - sette anni - dei famosi crediti deteriorati, cioè tutti quei prestiti fatti a imprese e famiglie che non sono più in grado di restituirli. E che oggi zavorrano i bilanci.

La Bce ha inviato la stessa missiva anche alle altre banche europee e italiane che controlla, ma il Monte dei Paschi è uno degli istituti per cui il compito è più complesso, dovendo smaltire tutti i crediti avariati che possiede in sette anni, come sopra. La preoccupazione nasce proprio dalle difficoltà che  il Monte Paschi potrebbe incontrare nel  coprire tutte le sue sofferenze, che veleggiano sui 7 miliardi di euro.

La Banca, va ricordato, non è più privata. E’ stata nazionalizzata dal Tesoro col salvataggio di due anni fa. E poiché lo Stato è di gran lunga il primo azionista,  sarà in prima fila quando serviranno  nuovi capitali per rispondere alle richieste della BCE. Lo Stato, va ricordato, è già in forte perdita col suo investimento in Rocca Salimbeni, visto il calo del valore in Borsa dell’istituto.

Gli analisti sottolineano che nonostante i progressi fatti  i problemi per le banche resta sempre gli stessi: sono  spesso troppo piccole e pagano anni di gestioni poco efficienti. Ed è per questo che smaltire  i 37 miliardi di crediti deteriorati che appesantiscono i loro bilanci resta in molti casi una sfida.

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