Lo spread Btp-Bund sale tra incertezze e il crollo della Lira turca

Economia

Mariangela Pira

TEMPESTAMERCATI

Finanza & Dintorni

Con lo spread occorre fare i conti. Rialza la testa tra le incertezze sulla futura manovra economica, le parole di Giorgetti e il crollo della lira turca. E a breve, sull'Italia, ci saranno i giudizi delle agenzie di rating. Cosa significa? 

Il crollo della lira turca, il temuto effetto contagio in Europa, e le incertezze sulla prossima manovra di bilancio italiana appesantiscono nuovamente lo spread, il differenziale tra quanto rende un titolo di stato decennale italiano e uno tedesco – preso a punto di riferimento per capire quanto i mercati si fidano di una nazione. Ricordate sempre che più sale in rendimento di un titolo di stato, più è rischioso investire nel paese che emette il titolo (più si guadagna più si rischia, meno si guadagna meno si rischia). 

La domanda è: il nostro paese è tornato nel mirino degli investitori?

Così pensa il sottosegretario alla presidenza del consiglio Giancarlo Giorgetti che a chiare lettere ha detto di aspettarsi una imboscata dei mercati per fine agosto. Il momento indicato da Giorgetti non è preso a caso e non deriva solo dal calendario politico. Deriva soprattutto dal fatto che tradizionalmente le agenzie di rating ci attendono al varco con possibili revisioni delle loro valutazioni sull’Italia. Il primo campanello d’allarme è il 31 agosto con Fitch (a metà marzo dopo il voto aveva confermato il giudizio BBB con prospettive stabili), a seguire il 7 settembre la revisione di Moody’s, la più pericolosa per noi dato che a fine maggio aveva messo Roma sotto osservazione per una possibile bocciatura (ad ora il giudizio è Baa2, due gradi sopra il livello cosiddetto junk – spazzatura). L’ultima, il 26 ottobre, ci sarà il giudizio di S&P (che attualmente è BBB con prospettive stabili).

Che piaccia o no, del giudizio di queste agenzie ci deve importare perché i grandi investitori, compresa la Banca Centrale Europea, quando comprano titoli di un paese guardano con grande attenzione a questa pagella, e se questa peggiora troppo non possono per statuto continuare ad acquistarli. Per intenderci, la BCE che in questi anni ha comprato a mani basse i titoli di stato emessi dai paesi della zona euro, ha evitato di acquistare quelli greci proprio perché bocciati da queste agenzie.

Una bocciatura sarebbe problematica anche perché l’Italia, con il suo debito mostruoso pari al 130% del Pil e oltre 1.900 miliardi di euro di titoli di stato da rimborsare, in caso di tagli di giudizio sarebbe costretta a pagare interessi  più alti ovvero dovrebbe sborsare molti più soldi per finanziarsi. La Turchia insomma in questi giorni potrebbe fungere  da detonatore di una situazione che già di per sé è instabile, dato che gli investitori iniziano ad allontanarsi dai paesi ritenuti a rischio.

Il problema del debito italiano, infine, esiste da anni e non è di certo attribuibile a questo governo ovviamente. Tutti i più recenti esecutivi si sono dovuti misurare con questo spettro (che purtroppo non è un fantasma ma concretezza, con cui occorre fare i conti). 

 

 

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