Dazi: tra Cina e Usa la parola chiave è 'fiducia'

Economia

Mariangela Pira

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Usa e Cina continuano una guerra a colpi di dazi. Wall Street e le borse asiatiche soffrono. Ma cosa c'è dietro le minacce dell'amministrazione Trump? E' una lunga storia...

Tra continue minacce di dazi prosegue il braccio di ferro tra Stati Uniti e Cina. I dazi come sapete sono le tariffe doganali che rendono più costosi i prodotti importati. L'amministrazione Usa vuole usarli contro Pechino perché tra i due paesi c'è un forte sbilanciamento sul fronte commerciale. Avrete spesso sentito dire che gli Stati Uniti sono 'in deficit' nei confronti della Cina. Sostanzialmente, significa che gli americani comprano dai cinesi più di quanto vendano. E quando si tratta di svariate decine di miliardi, diventa un problema.

Il consigliere al commercio della Casa Bianca Peter Navarro lo ha detto in modo esplicito: "i cinesi rubano la nostra proprietà intellettuale". E questo è un guaio per la crescita americana dato che la ricerca e sviluppo è linfa vitale per l'industria della difesa. Guaio che si dilata se spionaggio industriale e timori sulla sicurezza nazionale coincidono. Ecco un esempio. 

Nel 2001 il Pentagono aveva incaricato il colosso del settore della difesa Lockeed Martin di costruire cacciabombardieri interforze di quinta generazione (in inglese Joint Strike Fighter), gli F35.Un contratto da 200 miliardi di dollari, non proprio noccioline. Ebbene, nel 2009, mentre questo aereo da combattimento vedeva la luce, qualcuno compromise alcuni dei dati più sensibili relativi a progettazione ed elettronica. Per il Pentagono non vi erano dubbi. Erano gli hacker cinesi i responsabili dell'intrusione cibernetica. Giunsero a questa conclusione guardando il jet cinese Shenyang J-31 (anch'esso stealth, che significa invisibile ai radar): la somiglianza con l'F-35 era notevole. E se è vero che i jet della Lockheed Martin vantano un miglior sistema di software e sensori più sofisticati, è altrettanto vero che il furto della proprietà intellettuale offre agli avversari la possibilità di evitare costi e ritardi legati alla ricerca e sviluppo. 

Questo ci porta al vero problema tra Usa e Cina, portato alla luce dall'amministrazione Trump e che né dazi né strette di mano risolveranno: quello della fiducia.A differenza della guerra fredda tra Mosca e Washington, Stati Uniti e Cina hanno un rapporto contraddittorio, odi et amo. Da una parte sono inestricabilmente legati. Non foss’altro che Pechino è importante detentore del debito americano. “Made in China” poi, è quello che gli americani comprano. Inoltre, i cinesi sono attratti dall’ “American Dream”, capaci di restare tutta la notte in fila di fronte ai negozi Apple di Pechino e Shanghai pur di accaparrarsi il nuovo modello di cellulare. Ma la verità è che il problema resta: soprattutto ai più alti livelli manca la fiducia in entrambi i sensi.

Di strada ne è stata fatta dal 1972, quando lo storico viaggio del presidente Nixon in Cina ebbe perfino una nota esotica, quasi stesse andando su Marte. E a Pechino non c'è Mao ma Xi Jinping,cresciuto come membro di un’elite che ha studiato nelle scuole più prestigiose. Non deve però illudere che ami i film occidentali, che la figlia abbia studiato ad Harvard, che suo suocero sia un diplomatico di lungo corso e che, nel lontano 1985, guidando una delegazione di dirigenti dell’Hebei rimase fortemente affascinato dall'industria agricola dell’Iowa.

Xi è soprattutto un uomo che come tutti quelli della sua generazione venne spedito nelle campagne ed è per questo molto pragmatico. Con Trump parla di spionaggio cibernetico, cambiamenti climatici, questione nucleare nordcoreana. Ma quello che tenta di fare è affermare la sua Cina come potenza pari agli Usa nello scenario finanziario globale. Promette di giocare sul terreno dell'economia globale con le stesse regole, ma bisogna vedere fino a che punto queste dichiarazioni si tradurranno in provvedimenti concreti. Trump, da parte sua, tenta di vincere la sua di scommessa, ovvero grazie ai dazi riuscire in qualche modo a pareggiare i conti con Pechino. Vedremo chi la spunterà. 

 

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