In Italia leggi contro la corruzione sufficienti ma poco applicate

Economia

È quanto sostiene Transparency international Italia nel report “Agenda anticorruzione 2017”. Il nostro Paese è al 60esimo posto su 176 paesi, con un voto di appena 47 su 100. Nel ranking europeo l’Italia è terzultima, peggio di noi solo Grecia e Bulgaria

In Italia la legislazione anticorruzione è di un livello sufficiente, ma si riscontrano criticità nell'applicazione delle norme. È quanto sostiene Transparency international Italia, nel suo nuovo report “Agenda anticorruzione 2017”.

Peggio dell'italia solo Bulgaria e Grecia

L’ultima edizione del CPI - l’Indice di Percezione della Corruzione che misura la percezione di investitori e uomini d’affari, quindi in un certo senso anche la reputazione di un Paese in termini di lotta alla corruzione, colloca l’Italia al sessantesimo posto su 176 paesi, con un voto di appena 47 su 100: un risultato non certo lusinghiero tanto più se si considera che nel ranking europeo l’Italia si posiziona al terzultimo posto, davanti solamente a Grecia e Bulgaria.

La corruzione nel settore pubblico

Dall’inizio dell’anno, si legge, sono più di 560 i casi di corruzione in Italia riportati dai media. Prendendo in esame quindici aree tematiche, l’associazione ha valutato le misure anticorruzione presenti nel nostro Paese: la media è di 52 punti su 100. “Un voto non del tutto sufficiente – si legge nel report –. Ma ciò che è immediatamente evidente è la disparità tra la valutazione dell’apparato normativo anticorruzione e la sua applicazione ‘sul campo’”.

Il quadro della lotta alla corruzione in Italia, quindi, da quanto emerge dallo studio è spaccato in due. Una caratteristica che si nota ancora di più prendendo in considerazione il settore pubblico. “La media degli indicatori relativi ai reati contro la pubblica amministrazione dà come risultato un giudizio di 53 su 100, un’insufficienza determinata in larga parte dalla lacunosa applicazione di un apparato normativo che, di per sé, risulta adeguato”, spiega l’associazione. E infatti, mentre l’apparato normativo anticorruzione per il settore pubblico è valutato 62 su 100, l’applicazione pratica delle leggi e la capacità sanzionatoria e repressiva si ferma a 45. In cima alle cose che funzionano, Transparency international Italia indica la “trasparenza contabile e societaria” (81 su 100) e il sistema antiriciclaggio (75 su 100). La valutazione è influenzata negativamente, invece, soprattutto a causa di “due grandi lacune normative”: la “debolissima regolamentazione delle attività di lobbying e di finanziamento della politica” (29 su 100) e “l’assenza di una seria legge a tutela di chi segnala illeciti” (25 su 100).

Settore privato e società civile

Il secondo soggetto chiave preso in considerazione è il settore privato. “I risultati dell’analisi degli indicatori relativi all’integrità del settore privato non si discostano di molto da quanto visto per il settore pubblico: 51 su 100”, si legge nel report. Un punteggio, si spiega, dovuto soprattutto alla differenza tra piccole, medie e grandi aziende nell’attuare le procedure anticorruzione. Si analizza, infine, anche il ruolo di società civile e media nel contrasto alla corruzione: viene valutato con un “misero” 42 su 100. “Finora troppo poco si è fatto per diffondere una vera e propria cultura dell’integrità e della legalità”, è la motivazione.

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