Dibattito all'Europarlamento sul patto di bilancio siglato senza la Gran Bretagna. Il capogruppo del Ppe a Strasburgo minaccia l'aumento dei contributi a carico degli inglesi. Martin Schulz: "La speculazione della City ha i giorni contati"
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Il 'patto di bilancio' "non è abbastanza", bisogna "rilanciare crescita e occupazione". La strada per uscire dalla crisi "sarà lunga", ma l'Unione europea ce la farà anche stavolta e, forse, alla fine sarà ancora formata da tutti i 27 paesi. Il presidente del consiglio europeo Van Rompuy e il capo dell'esecutivo di Bruxelles José Manuel Barroso analizzano così il 'patto di bilancio' siglato a 26 a Bruxelles. E sul 'no' della Gran Bretagna non hanno dubbi: Londra non ha lasciato scelta, dicono, e ne pagherà le conseguenze. Nel corso del dibattito sul summit che la settimana scorsa ha lanciato l'accordo necessario per restituire all'Eurozona la fiducia persa dei mercati è stato Barroso a sottolineare che il 'patto di bilancio' è un passo avanti "ma non è abbastanza", perché il problema di Eurolandia "non è solo di conti pubblici ma anche finanziario, quindi serve rilanciare crescita e occupazione".
Van Rompuy da parte sua, ha assicurato che l'accordo sarà comunque firmato "al più tardi ai primi di marzo" ma ha anche sottolineato quanto sia "contraddittorio da una parte dire che i mercati sono la causa del problema e dall'altra aspettare che siano i mercati a valutare l'efficacia delle soluzioni". Di fatto, un invito ad andare avanti e a che l'Europa abbia fiducia in se stessa. "Il 2011 è un anno orribile - ha detto - ma un giorno sarà ricordato come 'anno mirabilis'". Il presidente del Consiglio ha poi anche definito "senza precedenti" la decisione presa la settimana scorsa dalla Bce per il rifinanziamento a tre anni delle banche. Una decisione che verrà capita con il tempo, appunto. Piuttosto è Downing Street che deve preoccuparsi. Anche gli euroscettici hanno parlato di un Cameron isolato, che ha sbagliato tutto. Unico punto positivo, per gli indipendentisti guidati da Nigel Farage: il fatto che così ha messo le basi per il referendum che "ci farà uscire dall'Europa".
Ma su Londra grava la minaccia lanciata dal leader del gruppo Ppe, il partito di maggioranza relativa nel Parlamento europeo, quello cui appartengono 16 dei premier europei: Joseph Daul ha infatti chiesto che "si ripensi il 'british rebate'". quello sconto ai contributi che la Thatcher ottenne negli anni '80. "Niente soldi dei contribuenti europei a politiche egoiste e nazionaliste" ha tuonato il francese. Il capo dei socialisti-democrativi, Martin Schulz (che a gennaio assumerà la presidenza del Parlamento europeo), si è spinto a preconizzare che "la speculazione della City di Londra ha i giorni contati". Ed il leader dei liberali-democratici, l'ex premier belga Guy Verhofstadt, ha demolito Cameron con una battuta: "Quando si va via sbattendo la porta bisogna essere sicuri che ci inseguiranno, come è stato con la Thatcher e Kohl...". Ma critiche sono piovute da tutti i settori del Parlamento anche sul direttorio 'Merkozy'. Su tutti, il "basta, basta, basta" del capogruppo Pdl, Mario Mauro. E forte anche il richiamo ai vertici europei da parte del capogruppo Pd, David Sassoli, che ha sottolineato come "nulla di quanto atteso" è arrivato dal summit (eurobond, misure per la crescita, ruolo Bce).
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