Miracolo Fiat: dalla crisi al salvataggio di Chrysler

Economia
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Tutto in sette anni: la davano per spacciata nel 2002, ma oggi l'azienda automobilistica torinese corre in aiuto del colosso americano, evitandone il fallimento. Merito del modello firmato Sergio Marchionne

di Chiara Ribichini

“La Fiat chiede lo stato di crisi".
"8100 esuberi e perdite pari a un terzo del capitale" . "Il titolo Fiat scivola ai minimi dall’85". "Arese addio si ferma Termini Imerese". E ancora: "Di questo passo andiamo in serie B. Il declino della Fiat sembra inarrestabile".
Sono passati 7 anni da quei titoli di giornale. Era il 2002. La casa automobilistica italiana stava vivendo la peggiore crisi dalla sua nascita, nel luglio del 1899. Una crisi che rischiava di mettere in ginocchio tutta l'economia del Paese: "Senza l’auto l’Italia non sarebbe più la quinta economia al mondo". "La crisi della Fiat un disastro per il Paese".

Oggi quella stessa azienda che rischiava il baratro, è l’àncora di salvezza della grande casa automobilistica americana Chrysler. L’accordo, annunciato il 19 gennaio scorso e che ha avuto il via libera della Casa Bianca due giorni fa, potrebbe trasformarsi entro un mese nella nascita di un colosso dell’auto italo-americano da 4 milioni di vetture l’anno. Sergio Marchionne è già volato a Detroit per definire i dettagli dell’intesa.
Durante la presentazione del piano di salvataggio dell'industria dell'auto, Obama ha detto che la Fiat è per Chrysler “il partner ideale, pronto a trasferire tecnologie d’avanguardia”. Il presidente americano ha usato parole di elogio per la casa torinese, che secondo le ultime indiscrezioni dovrebbe acquistare una quota pari al 20% di Chrysler (che salirebbe poi di pari passo con il previsto trasferimento di tecnologie, non superando però mai il 49% fino a che il colosso americano non abbia ripagato tutti i fondi ricevuti dallo Stato), affermando che “l’attuale management ha realizzato un notevole rilancio”.

Che l’era Marchionne abbia segnato una svolta, risollevando le sorti Fiat in tempi record e trasformandola in un modello da esportare, se ne sono accorti insomma anche Oltreoceano. Da quel 1 giugno del 2004, quando venne nominato amministratore delegato di Fiat Group Automobiles, sono cambiate molte cose. Assieme al Presidente Cordero di Montezemolo Sergio Marchionne ha risanato la casa torinese "senza Stato e senza stranieri". Su di lui aveva scommesso l’Economist. “Sergio Marchionne pensa di poter salvare la Fiat”, titolava il settimanale nel 2005 apprezzando i progressi compiuti dal punto di vista industriale, organizzativo e strategico a solo un anno dal suo insediamento. Aspettative non deluse. Lo stesso giornale lo scorso anno titolava un editoriale “Il miracolo di Torino”, esortando tutte le case automobilistiche a prendere il rilancio della Fiat come modello.

Il cambiamento (parola tanto cara al presidente Obama), in casa Fiat fu chiaro subito. Con l’arrivo di Marchionne i conti passarono dal rosso al nero. Già nel 2005 il Financial Times definiva la Fiat come “l'azienda più rispettabile d' Italia” facendo riferimento alla consueta indagine della PriceWaterhouseCoopers, classifica nella quale la società torinese era passata dal terzo posto del 2004 al primo, mentre era addirittura assente nel 2003.
Ed ecco il confronto in numeri da “ieri” a oggi: nel 2004 i debiti ammontavano a 10 miliardi di euro. Dopo 3 anni si era già passati a un attivo pari a 355 milioni di euro. Fiat Group ha chiuso il 2007 al 31,3% del mercato (il miglior dato dal 2001), con più di 780 mila immatricolazioni. Nel 2008 l’azienda ha raggiunto “ il suo più alto risultato della gestione ordinaria, pur in presenza di condizioni di mercato che si sono fortemente indebolite nel quarto trimestre”, si legge sul sito, con i ricavi che hanno raggiunto i 59,4 miliardi di euro (+1,5% rispetto all’anno precedente). Numeri ai quali ancora non corrisponde una situazione rosea per tutti i lavoratori, come dimostrano le proteste che da anni interessano lo stabilimento di Pomigliano d’Arco, riesplose recentemente. E proprio all'indomani del semaforo verde dato dalla Casa Bianca all'accordo con Chrysler, la Fiat ha annunciato un nuovo programma di cassa integrazione negli stabilimenti di Pomigliano d'Arco e Termini Imerese.

Dietro le cifre dei bilanci degli ultimi 5 anni, si nasconde comunque un modello vincente. Marchionne ha creato un team di giovani dirigenti, ha lavorato sui costi, ha dimezzato i tempi di produzione, ha ceduto attività non strategiche e puntato su tre settori chiave: auto, trattori e camion. “Il nostro mestiere è fare automobili” ha ripetuto in più occasioni. Ha riscoperto il passato storico della Fiat e creato modelli che avessero maggiore appeal (si pensi alla nuova Cinquecento), ha puntato sulle innovazioni tecnologiche e sulle auto ecologiche. Fondamentale il divorzio da General Motors nel 2005, da cui la Fiat ha guadagnato 1,55 miliardi di euro. Oggi, 4 anni dopo, la Fiat torna Oltreoceano per salvare la Chrysler. Non esiste più lo zio d'America.

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