De Bortoli: "L’Italia è un Paese anziano, serve investire nel capitale umano"

Cronaca

Filippo Maria Battaglia

CONSIGLI DI LETTURA L’ex direttore del Corriere della Sera torna in libreria con “Le cose che non ci diciamo (fino in fondo)”, un’analisi della realtà italiana sospesa tra eccellenze ed emergenze: "I giovani sono pochi e  contano ancora meno. Negli ultimi anni abbiamo perso migliaia di laureati che hanno scelto di andare all'estero, a volte per fare lavori assolutamente umili che magari in Italia non accetterebbero"

“L'Italia investe poco, vive di rendita e spende ipotecando il futuro delle successive generazioni”. Ferruccio De Bortoli parte da qui per raccontare  Le cose che non ci diciamo (fino in fondo), che è anche il titolo del suo ultimo saggio dedicato all'analisi dei grandi temi ignorati nel dibattito politico.

"Il nostro è un Paese anziano e molto patrimonializzato che si sta svuotando e nel quale i giovani  pagano un prezzo elevato",  dice De Bortoli durante la rubrica dei "Consigli di lettura" (qui le puntate precedenti). Ce ne sarebbe abbastanza per mettere in atto uno scontro generazionale intenso e durissimo. E invece no: "I ragazzi - spiega l'ex direttore del Corriere della Sera - sono pochi,  contano ancora meno, non sono una lobby e forse hanno già votato andandosene. Negli ultimi anni abbiamo perso migliaia di laureati che hanno scelto di andare all'estero, a volte per fare lavori umili che magari in Italia non accetterebbero".

"Ogni anno sfuggono al Fisco 110 miliardi"

 Le cose che non ci diciamo (fino in fondo) è un’analisi diretta e documentata  che prova sfatare molti miti e a indagare in certe piaghe pressoché ignorate dall'opinione pubblica nostrana. A cominciare dai dati, allarmanti, sull'evasione: "Ogni anno sfuggono al fisco cento/centodieci miliardi l'anno. Se l'evasione prima della pandemia era inotllerabile e inaccettabile, oggi, con gli effetti della crisi sanitaria, è moralmente ripugnante: con quei soldi  si potrebbero sorreggere e soccorrere le categorie più colpite, provando a mettere ordine nelle politiche di riforma in favore dei giovani. Eppure, dobbiamo dirlo con franchezza, questo non ci impressiona. Insistere oggi su una seria lotta all'evasione sembra quasi che equilvalga a insistere su una serie di persone colpite dalla pandemia. Certo, ci sono anche quelle, ma due terzi dei redditi del nostro Paese non sono stati colpiti da questa crisi; occorre quindi guardare anche a quell'altra parte dell'economia che spesso sta nel nero e che ha guadagnato durante la pandemia, magari non pagando l'Irap".

 

"Serve investire sul capitale umano"

"Il mio grido di dolore - conclude De Bortoli - riguarda il fatto che noi dobbiamo tenere due obiettivi egualmente irrinunciabili: da un lato, la lotta alla pandemia  e il sostegno alle categorie più colpite; dall'altro, il futuro, la nostra crescita, gli investimenti sul capitale umano. La preoccupazione è che, una volta usciti da questa crisi sanitaria, non si debba assistere al fallimento dello Stato. Perché, se fallisce lo Stato, ci sono malattie di altro tipo, oltre alla povertà, che dovremmo affrontare senza avere i mezzi per farlo".

Lo sguardo assorto, incredulo, di uno storico, Frederic Lane, profondo conoscitore della 'Serenissima', che dalla finestra di una pensione contempla la città immersa nell'acqua. E' una delle immagini offerte dalla mostra "Venezia 1966-2016. Dall'emergenza al recupero del patrimonio culturale. Storie e immagini dagli archivi della città", organizzata nel cinquantennale dell'alluvione del 4 novembre 1966 dall'Archivio di Stato di Venezia, dalla
Biblioteca Nazionale Marciana e dal Comune di Venezia. La mostra, realizzata a cura di Alessandra Schiavon, è allestita nelle Sale monumentali della Biblioteca Nazionale Marciana fino al 27 novembre e presenta documenti e fotografie provenienti da diversi archivi pubblici, 28 ottobre 2016. ANSA/UFFICIO STAMPA ++ NO SALES, EDITORIAL USE ONLY ++

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