Salone del Libro, Mencarelli: dopo Tutto chiede salvezza un romanzo sull'autismo

Cronaca
Ludovica Passeri

Ludovica Passeri

Mentre è attesissima la seconda stagione della serie, tratta dal suo romanzo pubblicato nel 2020, Daniele Mencarelli nel nuovo libro “Fame d’aria” racconta la solitudine delle famiglie abbandonate dalle istituzioni

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Nel 2020 con “Tutto chiede salvezza”, la storia di un ragazzo che si risveglia in un ospedale psichiatrico contro la sua volontà a seguito di una crisi psicotica, Daniele Mencarelli vinse il Premio Strega Giovani. Due anni dopo, la serie, tratta dal romanzo e diretta da Francesco Bruni, avrebbe scalato le classifiche di Netflix e conquistato il Ciak d’oro. Mentre il pubblico attende la seconda stagione per scoprire cosa ne sarà del protagonista, una volta scaduti i 7 giorni di permanenza obbligatoria nel reparto, Mencarelli torna in libreria con "Fame d’aria", edito da Mondadori. L’opera di Mencarelli, che prima di essere scrittore è poeta (ricordiamo le raccolte "I giorni condivisi", “La Croce è una via”, "Tempo circolare", e "Bambino Gesù"), nasconde sempre qualcosa che non ci si aspetta, una parola che illumina e fa riflettere sul senso delle cose. Piace per motivi diversi a credenti e atei convinti. Quando gli abbiamo chiesto al Salone del Libro come sia possibile mettere d’accordo universi tanto distanti ha risposto: “perché il punto è la ricerca di significato che appartiene a tutti quelli che non vivono comodi nel nulla”.



"Tutto chiede salvezza" è un romanzo che racconta dei giorni che lei passò da ragazzo in un ospedale psichiatrico a seguito di un Tso. Quanto c’è di autobiografico in "Fame d’aria"?

In "Fame d'aria" la storia è di invenzione ma io da genitore ho vissuto negli ultimi dodici anni i luoghi della neuropsichiatria infantile. Nonostante abbia avuto con mia moglie e mio figlio una parabola meno grave rispetto agli autismi, ho toccato con mano quante difficoltà vive oggi una famiglia che ha un caso di autismo dentro casa, soprattutto a basso funzionamento, la forma in cui sono più gravi le difficoltà a nella comunicazione e nell’interazione sociale..

 

Prima la malattia mentale, ora l’autismo. Come si fa a scrivere di questi temi senza retorica?

Partendo dall'esperienza reale e dalla testimonianza. Non sono più bravo della realtà che già di per sé ci offre con freddezza e durezza certi fenomeni. Quello che va fatto oggi è sfilare la retorica da certi temi che pesano in maniera terribile su tante famiglie. E bisogna cominciare dalla parola eroismo, una parola con cui si coprono tante mancanze. Un padre e una madre non sono eroi, sono persone che vivono sentimenti e che sono messi a dura prova, senza aiuti da parte delle istituzioni

 

La questione del linguaggio e dell’espressione è un punto nodale quando si parla di autismo. Come ha fatto a mettere nero su bianco tutto questo?

Il libro è incentrato su come i caregiver percepiscano quell'assenza di verbalizzazione. Parla di un padre che non è riuscito a elaborare la malattia del figlio. Capita spesso che i padri facciano più fatica. Nella storia che racconto il padre non riesce più ad ascoltare quello che il figlio esprime al di là delle parole, quindi non riesce più a vederlo. Attorno a questo ruota tutto: è la mancanza più grave.

 

Qual è la ragione di questa chiusura?

C'è un aspetto generazionale, il padre è un uomo della mia età. Noi facciamo fatica ma I nonni hanno ancora meno strumenti. I disturbi del neurosviluppo saranno la sfida del nostro futuro. Da qui a 20 anni avremo 500mila persone autistiche adulte a alto medio basso funzionamento: è questa sarà una grande sfida che questo Paese dovrà affrontare.

 

Lei ha partecipato alla sceneggiatura della serie tratta dal romanzo che ha scritto e soprattutto che ha vissuto sulla sua pelle, come è stato?

Venivo da vent’anni di lavoro nell’audiovisivo: è un linguaggio che conosco. La cosa fondamentale è stata che il regista ha talmente amato il libro che non ho avuto bisogno di difenderlo 

 

 

Cosa succederà nella seconda stagione della serie?

Sarà tutta di finzione perché è stata adattata al presente. La grande scommessa è anche questo: quando si racconta il dato biografico, l’invenzione conta poco. Quello che importa è dare verità e la forma ai linguaggi, spero che questa stagione sia percepita vera e “avverata” al meno quanto la prima.

 

"Tutto chiede salvezza" è una serie in cui chi crede ha letto dei messaggi tra le righe, chi non crede probabilmente non ha colto gli stessi indizi, ma l’ha amata lo stesso per ragioni diverse. Qual è il segreto?

Di fondo c’è una ricerca di significato che appartiene a tutti. Iniziamo a vivere  in una fase che non è neanche più post-ideologica. Siamo oltre: è una fase umana in cui la grande ricerca di senso appartiene a tutti. A chi si definisce credente e anche a chi si definisce "in cerca", come me, ma che non vive comodo nel nulla.

 

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