Campania, liste d'attesa nella sanità: la battaglia per potersi curare

Cronaca
Gaia Bozza

Gaia Bozza

Le liste d'attesa e le storie di chi si ritrova a pagare per visite ed esami che sarebbero un suo diritto sono il centro di questo focus per "Sanità malata", una serie di approfondimenti di Sky TG24. Ogni giorno i servizi dei nostri inviati e i dati nazionali 

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Quella che vi raccontiamo è una storia fatta di attese. E soprattutto di persone che si ritrovano a pagare per curarsi. Una sanità malata di lunghe liste d'attesa: nel 2022 sono stati oltre 4 milioni, ben il 7 per cento degli italiani, a rinunciare alle cure. Ma c’è di più: per la prima volta la ragione, più della crisi economica, sono le liste d’attesa.  

Gli italiani che non si curano per le liste d’attesa 

“Nel confronto tra il 2022 e gli anni pregressi della pandemia, emerge un’inequivocabile barriera all’accesso costituita dalle lunghe liste di attesa, che nel 2022 diventa il motivo più frequente (il 4,2% della popolazione), a fronte di una riduzione della quota di chi rinuncia per motivi economici (era 4,9% nel 2019 e scende al 3,2% nel 2022)” ha affermato Cristina Freguja, Direttrice della Direzione centrale per le statistiche sociali e il welfare, in una recente audizione al Senato. Il problema c’è al Nord come al Sud, e aumenta anche la quota di persone che dichiara di aver dovuto pagare le prestazioni sanitarie: il 41,8 per cento dichiara di aver pagato le visite specialistiche (nel 2019 era il 37 per cento), il 27,6 per cento afferma di aver pagato anche gli accertamenti diagnostici (nel 2019 era il 23 per cento). 

“Non è sfiducia – spiega Paolo Fierro, vicepresidente di Medicina Democratica e responsabile per il Sud - ma spesso non possono fare altro, chi non può pagare deve rassegnarsi ad affrontare il suo destino di ammalato che evolve verso esiti peggiori. E non sembra ci sia verso di contrastare questo fenomeno, nonostante leggi e normative. Lo avevamo previsto già anni fa, quando fu varato il regime in intramoenia, che si è rivelato un cavallo di Troia”. Problema particolarmente sentito in Regioni che scontano già vari problemi come la Campania, che deve fare i conti con carenza di personale (10-15mila risorse in meno, denuncia il presidente della Regione Vincenzo De Luca) e inferiori risorse assegnate negli anni scorsi, in considerazione del fatto che l’età media è più bassa di altre regioni. La Campania, inoltre, è uscita nel 2020 da un decennale commissariamento. E presenta indicatori negativi, con un massiccio ricorso alla sanità privata. Un esempio: secondo gli ultimi dati dell’Agenas (l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali), per una visita cardiologica con elettrocardiogramma in un’azienda pubblica della Regione, nel 2021 le prestazioni in intramoenia hanno superato del 261% quelle istituzionali, cioè quelle ottenute pagando il ticket. Poi, il recente report dell’Eurostat documenta che in Italia si vive più a lungo nelle Regioni del Centro-Nord, con la Provincia autonoma di Trento in testa (84,2 anni), rispetto a quelle del Sud, con la Campania fanalino di coda (80,9 anni). Altro capitolo, le morti evitabili, cioè la dolorosa e annosa questione delle morti di persone sotto i 75 anni, decessi che si potrebbero evitare con stili di vita migliori, riduzione di fattori di rischio ambientali e adeguati e tempestivi interventi di diagnosi e trattamento delle malattie. Vale a dire: facendo prevenzione e intervenendo quando è il momento. Nel 2019, ultimo anno pre-pandemia, la Regione ha avuto il tasso di morti evitabili più alto d’Italia: 26,23 su 10mila abitanti. “Certamente è legato anche alle liste d’attesa – afferma Fierro - Aspettare troppo vuol dire andare incontro a complicazioni, anche nelle malattie croniche”. 

Le liste d’attesa in Campania 

Uno dei problemi che attanaglia anche la Campania è il ricorso frequente al pagamento delle prestazioni ambulatoriali e di diagnostica, sia in intramoenia, come testimoniano i dati Agenas, sia privata tout-court. Questo perché,  soprattutto in alcune zone della Regione, i centri privati vanno in soccorso della sanità pubblica per gli esami diagnostici. Per esempio a Caserta, come denunciato dalla consigliera regionale Maria Muscarà, manca il macchinario per la Pet in una struttura pubblica e quindi bisogna riferirsi ai centri privati. Ma i budget per le prestazioni in convenzione si esauriscono spesso già nei primi giorni del mese.  La consigliera ha denunciato che i tetti di spesa si esauriscono presto anche per i pazienti oncologici, che si ritrovano a pagare. Proteste contro questa situazione da parte degli ammalati: una petizione partita da una paziente oncologica, Manuela Dell’Unto, contro gli esami a pagamento, ha raggiunto oltre centomila firme. Una recente modifica ha permesso agli ammalati in chemioterapia e in fase attiva della malattia un più facile accesso alle prestazioni, ma non a chi deve effettuare controlli, fondamentali nel prevenire recidive. 

Gli esami diagnostici in Campania e i privati 

Mentre in passato, soprattutto in alcune aziende sanitarie, si è assistito a sforamenti dei tetti di spesa, oggetto di attenzione anche da parte della Corte dei Conti, dall’anno scorso è intervenuto un sistema diverso di calcolo delle convenzioni: non più per branca, ma per struttura. Esaurito il budget previsto, bisogna pagare. Il presidente della Regione, Vincenzo De Luca, ha annunciato un’imminente svolta nel sistema di prenotazioni, che oggi è piuttosto frammentato. Non esiste, ad esempio, un’unica piattaforma che raggruppi l’offerta pubblica e quella privata convenzionata, per cui spesso i pazienti devono affidarsi al passaparola o devono cercare autonomamente i centri privati accreditati che abbiano posto, una sorta di pellegrinaggio di centro in centro. Il risultato è che, di frequente, si finisce per pagare. La Corte dei Conti, nei mesi scorsi, ha acceso i riflettori anche sulle inefficienze del sistema e sul frequente ricorso ai privati. E a margine dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, ci sono state dure considerazioni da parte dei magistrati. “C’è gente che, nella maggior parte dei casi, non sa accendere un computer, è brutto dirlo ma è così” , ha accusato il sostituto procuratore Michele Ferrante, riferendosi a una parte dei funzionari pubblici. Il presidente della Regione Campania ha attaccato il governo, durante la conferenza stampa di presentazione del fascicolo elettronico e del nuovo sistema di prenotazioni che dovrebbe essere attivato a breve: “Possiamo considerarci ancora una sanità pubblica, ma non per molto tempo se l'atteggiamento del Governo rimane quello di oggi, che è totalmente irresponsabile. Se non c'è il personale e non ci sono le risorse, come si svuotano le liste di attesa?”. Il governatore ha annunciato che punta a “svuotare le liste di attesa facendo un accordo con il comparto sanitario privato, laboratori e cliniche”, con un sistema di prenotazioni unico e un accordo con le farmacie, per poter effettuare prenotazioni in tutte le strutture. Vale a dire: se non arrivano nuove risorse, si punta stringere sempre di più il legame tra privati e Sistema sanitario regionale. 

Le storie di chi aspetta visite ed esami

Sono molte le testimonianze di queste disfunzioni, raccolte da Sky TG24. Come quella di Samuele Grande, operato di melanoma, un tumore della pelle. E’ in cura all’ospedale Pascale, a Napoli. Al controllo prescritto a Marzo 2023 deve presentare anche una mappatura dei nei, che è un esame in questo caso fondamentale. Che però gli viene prenotato a dicembre 2023, quasi trecento giorni dopo: “Aspetterò questi giorni sperando che nulla accada”, sospira rassegnato. In provincia di Napoli, a Volla: in questa azienda sanitaria i dati del 2022, gli ultimi disponibili, ci dicono che, per una visita endocrinologica programmabile, si aspettano in media sessanta giorni. Ma questa è la prenotazione che ha ricevuto Nadia De Luzio: 179 giorni di attesa. Prima visita disponibile a Vico Equense, a oltre quaranta km di distanza da casa sua: quasi un'ora di auto senza traffico; coi mezzi pubblici quasi due ore. Il suo compagno ha dovuto ingaggiare una guerra di carte bollate per ottenere un anticipo e una visita più vicino. Margherita Giordano, dal 2017, ha aspettato inutilmente di poter inserire il figlio, autistico, che non parlava, in un centro riabilitativo convenzionato di Castellammare di Stabia. Ha pagato tutto di tasca sua.  Si è rivolta a un avvocato, Vincenzo Grimaldi, per far valere i suoi diritti: una sentenza ha stabilito che ha ragione e dovrà essere risarcita. “Se non avessi potuto permettermi le cure, forse mio figlio ancora non parlerebbe”, commenta Giordano. Ad Antonella Capriati, paziente oncologica, due centri convenzionati rispondono che sono finiti i fondi per le convenzioni e che, se ha bisogno di una Pet - un esame diagnostico fondamentale in oncologia- o attende, o paga. Michela Ragozzino, un'altra cittadina campana, ci descrive l'odissea che ha vissuto sua madre, ammalata di tumore anche lei. Ci racconta che pochi giorni prima di una Tac, il centro convenzionato al quale si era rivolta le ha comunicato che avrebbe dovuto pagarla perché erano stati superati i tetti di spesa. L'ha pagata, ma tanti - racconta - hanno rinunciato. 

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