Ex Ilva, sindacati: sciopero di 32 ore dalle 23 del 10 gennaio contro decreto Cdm

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Le sigle confermano la mobilitazione a Roma dell'11 gennaio con gli enti locali e annunciano uno sciopero dalle ore 23 del 10 gennaio alle 7 del 12 gennaio contro l'ultimo decreto approvato ieri dal Consiglio dei ministri. Un provvedimento che conferma, sottolineano i sindacati, "la volontà di erogare i 680 milioni, già stanziati, in modalità finanziamento soci, ripristinando vergognosamente perfino lo scudo penale ai gestori del sito”

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L'ex Ilva torna a protestare. Le segreterie territoriali di Fiom, Uilm e Usb di Taranto, unitamente alle Rappresentanze sindacali unitarie di Acciaierie d'Italia, hanno confermato la mobilitazione a Roma dell'11 gennaio con gli enti locali e hanno annunciato uno sciopero di 32 ore dalle ore 23 del 10 gennaio alle 7 del 12 gennaio contro l'ultimo decreto approvato ieri in serata dal Consiglio dei ministri recante "Misure urgenti per impianti di interesse strategico nazionale". Decreto che conferma, sottolineano i sindacati, "la volontà di erogare i 680 milioni, già stanziati, in modalità finanziamento soci, ripristinando vergognosamente perfino lo scudo penale ai gestori del sito".

Le motivazioni dei sindacati

"In altre parole - sottolineano i sindacati - il Governo Meloni si disinteressa completamente delle richieste di un intero territorio, dei lavoratori, dei cittadini, delle scriventi organizzazioni sindacali, del presidente della Regione Puglia, del presidente della Provincia e dei sindaci dei comuni dell'area ionica, cedendo ai ricatti di un operatore privato che si permette quotidianamente di prendersi gioco delle piaghe della nostra comunità, compiendo solo sgradevoli bluff e azioni incostituzionali". Il riferimento è all'incontro che si è svolto ieri a Taranto tra sindacati ed enti locali che hanno ribadito la richiesta al governo "di non erogare nessun ulteriore prestito pubblico in qualunque forma ad Arcelor Mittal senza un preventivo riequilibrio della governance".

TARANTO, PUGLIA, ITALY - 2019/11/16: A view of the ILVA steelworks, owned by ArcelorMittal that threatened to close the factory due to legal disputes with the government. (Photo by Antonio Balasco/KONTROLAB/LightRocket via Getty Images)

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Cosa succede

Il provvedimento approvato garantisce "come se non bastasse, anche - aggiungono Fiom, Uilm e Usb - l'esimente penale per i propri comportamenti illeciti". I sindacati ricordano che il ministro delle Imprese Adolfo Urso, "durante l'incontro ministeriale svoltosi il 17 novembre, comunicò l'obiettivo di dover garantire la tutela dell'interesse generale, subordinando i finanziamenti pubblici ad un autorevole intervento dello Stato nella gestione di Acciaierie d'Italia. Tale 'autorevole intervento' si è trasformato in una resa incondizionata davanti ai privati e l'interesse generale, per il governo, coincide - sostengono - con quello predatorio e offensivo dell'attuale gestione societaria che porterà alla chiusura definitiva dello stabilimento, senza che ci sia stato alcun risanamento ambientale e cancellando di fatto l'esistenza di ventimila famiglie". Le segreterie di Fiom, Uilm e Usb "non si renderanno complici - concludono - di questo ennesimo scempio compiuto sulla pelle dei lavoratori e lo contrasteranno con tutta la propria determinazione".

ANSA/ALESSANDRO DI MEO

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Il decreto del Cdm

Prestito ponte da 680 milioni ad Acciaierie d'Italia convertibile in aumento di capitale con una salita di Invitalia fino al 60%. Ritorno dello scudo penale per gli stabilimenti di interesse strategico nazionale, fra queste rientra l'ex Ilva, norme processuali penali per assicurare la continuità produttiva intervenendo sulla disciplina dei sequestri e su quella in materia di responsabilità penale per tutti gli stabilimenti di interesse nazionale. È questo l'ultimo atto di una vertenza industriale e ambientale che dura da un decennio. Il ministro delle imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ha tenuto ieri nel corso del consiglio dei ministri un'informativa sull'accordo di rafforzamento patrimoniale produttivo di Acciaierie d'Italia che prevede una modifica dei patti parasociali attualmente in vigore e un aumento di capitale da finalizzare in futuro. L'accordo viene inquadrato e sostenuto da un decreto, approvato dal Cdm, su misure urgenti per impianti di interesse strategico nazionale.

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