Istat, una persona Lgbtqi+ su 5 ha subito aggressioni al lavoro. Il 68,2% teme violenze

Cronaca
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Il 20% degli intervistati - 21mila persone in unione civile o già unite civilmente - dichiara di essere stato svantaggiato sul lavoro per il proprio orientamento sessuale. Fuori dall'ambito professionale, temono rimostranze per effusioni in pubblico il 69,7% degli uomini e il 65% delle donne. Oltre il 20% dichiara difficoltà in famiglia nel fare coming out

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Una persona non eterosessuale su cinque pensa che il proprio orientamento sessuale sia stato d’intralcio per la sua crescita professionale. La stessa percentuale dichiara di aver vissuto un’aggressione o un clima ostile sul posto di lavoro. Sono i dati che emergono da una rilevazione Istat-Unar sulle discriminazioni lavorative nei confronti delle persone LGBTQI+ nel biennio 2020-2021. Se sono soprattutto gli uomini non eterosessuali a dire di essere state vittime di offese o di aggressioni fisiche sul lavoro, fuori dal mondo professionale sono invece le donne a esserlo di più. Molti hanno dovuto lasciare la propria casa per vivere la propria sessualità in libertà. Oltre il 20% degli intervistati racconta poi delle difficoltà incontrate in famiglia dopo aver fatto coming out. La rilevazione è stata condotta su oltre 21mila persone residenti in Italia che al primo gennaio 2020 risultavano in unione civile o già unite civilmente (per scioglimento dell'unione o decesso del partner), considerando sia le unioni civili costituite in Italia sia le trascrizioni di unioni all'estero. I risultati del report, precisa l'Istituto di statistica, non possono quindi essere considerati rappresentativi di tutta la popolazione omosessuale e bisessuale.

Clima ostile sul lavoro

A dichiarare di aver vissuto un clima ostile sul posto di lavoro sono soprattutto le donne, sia omosessuali che bisessuali (21,5% contro il 20,4% degli uomini). Percentuali alte in particolare tra la popolazione giovane (26,7%) e tra apolidi o stranieri (24,7%), principalmente nelle regioni del Sud Italia (22,6%). Guardando a chi ha deciso di celebrare un’unione civile con il proprio partner, è il 38,2% a lamentare di aver subito almeno un episodio di discriminazione, non tanto sul lavoro ma nella vita in generale.

Anaheim, CA - June 02: Bob Chapek, Chief Executive Officer of The Walt Disney Company during the opening ceremony for Avengers Campus inside Disney California Adventure in Anaheim, CA, on Wednesday, June 2, 2021. (Photo by Jeff Gritchen/MediaNews Group/Orange County Register via Getty Images)

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Calunnie, offese e azioni legali

Gli episodi raccontati dai lavoratori sono calunnie, derisioni e soprattutto offese, incluse quelle di tipo sessuale (45,6%). A prescindere dal tipo di occupazione, sono le donne a subire tali offese più di frequente (43,8% contro 30,3% degli uomini) mentre tra gli uomini è molto superiore la quota di quanti sono stati calunniati, derisi o hanno subito scherzi pesanti. Il 23,1% dichiara, con riferimento all'ultimo lavoro svolto, di essere stato minacciato in forma verbale o scritta. Il 5,3% di aver subito un'aggressione fisica, con incidenze più alte tra gli uomini. Oltre il 10% degli intervistati non ha parlato con nessuno dell'ultimo episodio accaduto in ambito lavorativo, né al di fuori dell'ambiente di lavoro. "Sarebbe stato inutile, mi sarei sentito a disagio" e "non era abbastanza importante o grave" le motivazioni più frequenti. Tra quanti hanno riferito a qualcuno dell'ultima esperienza subita, circa una persona su quattro ha intrapreso una qualche azione.

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Aggressioni violente e minacce fuori dall’ambiente di lavoro

Le aggressioni violente a causa del proprio orientamento sessuale tra il 2020 e il 2021 hanno riguardato il 3,2% degli uomini non eterosessuali e non binari. La percentuale scende di poco, al 2,9%, per le donne. Tra chi è in unione civile o già in unione, l’incidenza di chi afferma di aver subito minacce – fuori dall’ambiente di lavoro - è del 4,1% tra gli uomini e del 3,3% tra le donne. Il valore è più elevato tra i più giovani (5,8% dei 18-34enni) e tra le persone che vivono nel Mezzogiorno (4,3%). Lo stesso succede per le aggressioni violente: i più colpiti sono sempre i giovani (4,5%) e chi vive al Sud Italia (3,6%). 

epa08527335 People wave rainbow flags during a pride march in Paris, France, 04 July 2020. The march took place to bring attention to LGBTQ causes, although it is not the official Gay Pride march - initially due to take place 27 June but was postponed to 07 November 2020.  EPA/IAN LANGSDON

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Paura e ripercussioni

Oltre il 68,2% dei partecipanti alla rilevazione dice di aver evitato di scambiarsi effusioni con il partner in pubblico per paura di essere aggredito, minacciato o molestato. A temere rimostranze sono più che altro gli uomini (69,7%), ma anche per le donne la percentuale rimane elevata (65,0%). C’è poi chi ha evitato del tutto di esprimere il proprio orientamento sessuale. I valori, anche in questo caso, rimangono alti. Si tratta del 52,7% degli intervistati, senza particolari differenze tra donne e uomini (rispettivamente il 53,3% e il 52,4%). Timori simili hanno spinto il 16,8% della popolazione Lgbt a trasferirsi da casa – in un altro quartiere, in un altro comune o all’estero. Più o meno lo stesso numero di persone (16,7%) hanno dichiarato di essere stati osteggiati dai vicini di casa, il 13,1% di essere stato trattato con meno rispetto di persone eterosessuali in uffici pubblici, negozi o sui mezzi di trasporto, il 10,4% in ambiente socio-sanitario. 

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Coming out

Quasi tutti gli intervistati dichiarano di aver parlato con la propria famiglia del loro orientamento sessuale. Nel fare coming out, il 21,8% parla di aver subito un rifiuto oppure ostilità da parte della madre: 28,8% per le donne e 18,1% per gli uomini. Una quota appena meno elevata riguarda la reazione negativa dei padri (19,8%), con un'incidenza superiore per gli uomini (20,4% contro 18,7%). Quando il figlio o la figlia si è unito/a civilmente, la madre e il padre non hanno accolto il partner come parte della famiglia, rispettivamente, nel 4,8% e nel 6,4% dei casi.

Foto Vincenzo Livieri - LaPresse 
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