Femminicidi, quali sono le norme da cambiare per prevenirli

Cronaca

di Monica Peruzzi

La nostra legislazione, dopo l'entrata in vigore di "codice rosso", è una delle più avanzate, nella battaglia contro il femminicidio. Ma c'è qualcosa di più che si potrebbe ancora cambiare per fermarli. 

Vanessa Zappalà e il suo ex fidanzato, Antonino Sciuto, si erano riappacificati. Secondo il presidente dell’ufficio del gip di Catania, sarebbe questo uno dei motivi per giudicare corretto il no all’arresto dell’uomo che l’ha uccisa con sette colpi di pistola, sul lungomare di Acitrezza, prima di suicidarsi.

Vanessa era già stata vittima di minacce, lo aveva denunciato per stalking, tanto che per lui era scattato il divieto di avvicinamento. Ma la ventiseienne era convinta di poterlo tenere sotto controllo grazie a questa misura e all’aiuto di parenti e amici.

 

La morte di Vanessa Zappalà ha aperto una riflessione su quelle norme che si potrebbero cambiare per rendere ancora più efficace l'azione di prevenzione.

Come il  braccialetto elettronico, una misura che nel nostro Paese viene usata poco e che, soprattutto, è volontaria: è l’autore della violenza, l’uomo maltrattante, che deve dare il suo consenso.

Il braccialetto elettronico

“Prendiamo il caso del giudice di Acitrezza – spiega la senatrice Valeria Valente, Presidente della Commissione Parlamentare contro il Femminicidio - Ha detto che il braccialetto elettronico non si poteva applicare alla misura di divieto di avvicinamento. Ma non è così. Si poteva tranquillamente applicare anche alla misura di divieto di avvicinamento, che è una misura cautelare che poteva essere controllata con lo strumento del braccialetto elettronico. Però qui ritorniamo alla specializzazione e alla formazione degli operatori”.

 

Il giudice Fabio Roia, Presidente della Sezione Misure Cautelari del Tribunale di Milano va oltre, chiarendo quali sono gli strumenti in mano ai magistrati per prevenire i reati violenti.

“Noi abbiamo uno strumento che a Milano applichiamo da molto tempo ed è stato perfezionato con l’entrata in vigore del codice rosso. Si tratta dell’applicazione della misura di prevenzione, che è connessa alla pericolosità sociale del soggetto. Allora, nel caso cui abbiamo fatto riferimento, si poteva applicare una misura di prevenzione che è una forma di controllo della libertà personale del soggetto che noi chiamiamo proposto, che in qualche modo è legata al suo essere, al suo comportamento e quindi è una misura che può essere estesa finché questo soggetto non cessa la sua pericolosità”.

La flagranza di reato

"Il maltrattamento  in famiglia è un reato procedibile d’ufficio, dunque la procedura va avanti anche a prescindere dalla volontà della donna di denunciare, perché comunque l’autorità giudiziaria verrà informata tempestivamente" aggiunge il Capitano Mariantonia Secconi, Comandante della Sezione reati violenti del Racis dei Carabnieri.

Ma se nel 96% dei tribunali, come ci ha rivelato la Commissione Parlamentare contro il femminicidio, non c'è l'adeguata preparazione a leggere il fenomeno dalla violenza e nella maggior parte dei casi viene derubricata a mero conflitto, non si procederà comunque.

La Primaria del reparto di ginecologia del Policlinico di Milano, Alessandra Kustermann, che ha creato 30 anni fa il primo pronto soccorso ginecologico d'Italia, ci spiega come funziona la legge attualmente.

"La legge oggi prevede l’arresto del maltrattante solo nel caso di flagranza ma quando una donna chiede aiuto per una violenza, lo fa quasi sempre a posteriori.

Ma l’arresto in flagranza vuol dire che le  forze dell’ordine dovrebbero intervenire nel momento esatto in cui avviene quel maltrattamento. Se l’uomo esce di casa non ci sarà nel momento in cui arrivano le forze dell’ordine, magari allertate dai vicini".

Il provvedimento di fermo e il ritardato arresto 

Chiediamo al Prefetto Francesco Messina, Direttore Centrale Anticrimine della Polizia di Stato, cosa potrebbe cambiare per rendere ancora più efficente il nostro apparato normativo e riuscire a dare una svolta ancora più decisa alla nostra normativa, che è già fra quelle più avanzate d'Europa, soprattutto dopo l'introduzione del "codice rosso".

"Con un provvedimento di fermo, noi in situazioni di urgenza e necessità potremmo incidere traendo in arresto il maltrattante, anche al di fuori dei casi di flagranza. C’è una possibilità ulteriore, che richiede anche una maggiore valutazione in sede legislativa, che potrebbe essere il ritardato arresto, cioè l’arresto effettuato nelle 48 ore successive. Occorre comunque che ci sia una documentazione visiva della consumazione dei reati. Nell’ipotesi del fermo ci sarebbe una maggiore rapidità, perché consentirebbe di intervenire con un fermo anche al di fuori della flagranza, in condizioni di urgenza e necessità. Ma nel caso del fermo, ripeto, bisognerebbe pensare che si tratta di un provvedimento che ritiene richiede un intervento normativo importante".

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