Covid e ospedali sotto stress: cure rimandate e interventi chirurgici sospesi

Cronaca

Nadia Cavalleri

Si stima che solo fra bambini e adolescenti, oltre due milioni di pazienti siano rimasti senza cure tra marzo e dicembre 2020

Da quando è iniziata la pandemia il Sistema Sanitario Nazionale si è dovuto riorganizzare per poter gestire le ondate dell’emergenza. Per creare posti in terapia intensiva e sub-intensiva sono stati allestiti Covid Hospital da zero, con strutture da campo che in alcuni casi sono già state smantellate, oppure poli fieristici dedicati, ma sono anche stati chiesti enormi sforzi organizzativi agli ospedali pubblici, privati e in convenzione, per far sì che riducessero la normale attività e gli interventi programmati non urgenti in modo da liberare posti letto e personale medico infermieristico che si prendesse cura dei pazienti positivi al virus. Questo però ha causato tempi d'attesa più lunghi per tutti i pazienti affetti da patologie che nulla hanno a che vedere con il Covid, ad esempio quelle oncologiche, e che restano in attesa di potersi curare. (SPECIALE CORONAVIRUSSPECIALE VACCINI - QUANDO MI VACCINO?).

Aumento e gestione dei pazienti Covid

La missione dell’assistenza sanitaria ai malati Covid durante la pandemia, stando a quanto si legge in alcune comunicazioni ufficiali che le regioni hanno mandato alle strutture sanitarie sul territorio italiano, è “consentire una migliore allocazione centralizzata dei pazienti” e “accoglierli e ad assisterli con tempestività”.

Vista la nuova fase emergenziale, Regione Lombardia ad inizio marzo ha inviato una lettera ai diversi soggetti pubblici e privati che si occupano di sanità con le indicazioni organizzative per l’intera rete ospedaliera. Si entrava infatti in quel momento nel livello di criticità 4A che prevede l’apertura di 1.005 posti letto di Terapia Intensiva e di 7.250 di degenza acuti. La nota era una sorta di aggiornamento rispetto a quanto già comunicato il 24 Febbraio, quando erano state già divulgate le indicazioni per l’assistenza ai pazienti Covid in base al livello 3. 

Nella comunicazione si riportava anche un aggiornamento relativo ai ricoveri in terapia intensiva (aumentato in quei giorni di 100 unità nell’arco di 5 giornate, passando da 412 il 26 di Febbraio a 512 il 3 di marzo).

Il messaggio risultava chiaro: era indispensabile che da subito e in tutte le strutture lombarde, pubbliche e private a contratto, venissero rese disponibili risorse e messe a disposizione delle centrali di coordinamento acuti e delle terapie intensive.

Comunicazioni simili a questa sono partite da diverse regioni italiane verso i presidi sanitari.

L’ordine di sospendere le attività negli ospedali

Nella lettera della direzione generale del walfare lombardo si precisa anche che “è inoltre necessario che, su tutto il territorio regionale, le Strutture Ospedaliere, pubbliche e private a contratto, predispongano con immediatezza, sia in SSN che in libera professione/solvenza, la riduzione fino alla sospensione dell’attività di ricovero e dell’attività chirurgica procrastinabile”. Tradotto significa che, se necessario, gli ospedali possono arrivare a sospendere tutte le attività che si possono rimandare. Per quanto riguarda l’attività ambulatoriale invece, viene di norma confermata, fatta salva la possibilità di ridurre le prestazioni non prioritarie, qualora strettamente necessarie per recuperare risorse da impiegare nelle aree con maggiore priorità di assistenza e/o per potenziare l’attività vaccinale che deve essere considerata attività di assoluta priorità. 

Cosa simile è successa in Puglia dove il 18 Marzo scorso la Regione ha sospeso le attività di ricovero degli ospedali pubblici Covid  e non Covid fino al prossimo 6 Aprile. Fino a tale data quindi saranno garantiti solo i ricoveri con carattere d’urgenza provenienti dai pronto soccorso

Cosa simile è accaduta anche in Piemonte dove l’unità di crisi della Regione ha dato disposizione a tutte le aziende sanitarie di sospendere in via temporanea i ricoveri no Covid, salvo urgenze, ricoveri oncologici e quelli da effettuare entro 30 giorni.  Sono state rinviate anche tutte le attività ambulatoriali, fatte salve pochissime eccezioni.

Milioni di persone senza cure

Stando ad un’indagine condotta per Facile.it da mUp Research e Norstat su un campione rappresentativo della popolazione nazionale, tra marzo e dicembre 2020 circa 2,1 milioni di bambini e ragazzi si sono visti rimandare o annullare visite o esami medici. Nello stesso periodo sono poco meno di 830.000 i genitori che hanno dovuto rinunciare a curare i propri figli a causa di problemi economici. Durante i primi 10 mesi dall'esplosione della pandemia, tra i genitori che avevano in programma una visita medica per il proprio figlio, quasi 6 su 10 se la sono vista rimandare dalla struttura sanitaria, mentre il 16% ha dovuto addirittura fare i conti con la cancellazione totale dell'appuntamento. Nel 49% dei casi la visita è stata rimandata sine die. I disservizi più frequenti sono stati registrati per esami e visite di ortopedia, odontoiatria e dermatologia, ma non sono stati esenti da problematiche anche patologie più gravi come ad esempio la cardiologia, dove il rinvio medio è stato pari a 37 giorni. La situazione di emergenza ha quindi spinto molte famiglie a rivolgersi ad una struttura privata per curare i propri figli (40% di coloro che hanno subito rinvii o cancellazioni), andando in alcuni casi ad accentuare il divario sociale in termini di accesso alle cure da parte dei minori.

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