Violati i profili di giocatori online, 60 siti congelati. Truffa da 30 milioni

Cronaca

Finiti nel mirino della guardia di Finanza di Torino due concessionari per il gioco in rete: avevano predisposto le loro piattaforme per memorizzare i dati sensibili di accesso ai conti aperti dai clienti. Denunciate tre persone. Perquisizioni in tutta Italia

Violavano i profili di migliaia di giocatori online per ottenere dati sensibili e informazioni sui loro conti correnti bancari. È una truffa da 30 milioni di euro quella ideata da due concessionari per il gioco in rete e smascherata dalla guardia di finanza di Torino. Tre persone sono state denunciate e 60 siti sospetti bloccati. Scattate perquisizioni in tutta Italia, nelle provincie di Roma, Napoli, Milano, Palermo, Teramo e Torino.

Come funzionava la truffa

Le accuse più gravi riguardano due rappresentati legali dei concessionari di rete per il gioco on line. Dovranno rispondere dei reati di accesso abusivo ai sistemi informatici ed esercizio abusivo di attività di gioco o di scommessa. Nell'operazione sono coinvolte anche decine di sale scommesse. L'indagine ha preso il via alcuni mesi fa, con la denuncia di due titolari di una sala scommesse illegale, mascherata da punto raccolta, nel quartiere Lingotto di Torino. I due avevano predisposto le loro piattaforme di gioco in modo tale da memorizzare i dati sensibili di accesso ai conti gioco aperti dai clienti, il tutto senza l'immissione di password personali. In questo modo i conti e i profili dei giocatori potevano essere "utilizzati" anche in loro assenza, perché i dati rimanevano memorizzati sul conto 'madre' di ogni singolo punto vendita. La truffa quindi, oltre che aggirare l'apparato concessorio dei Monopoli di Stato, ha segnato una falla nell'intero database che avrebbe dovuto garantire invece la riservatezza dei dati personali dei clienti.

Creati siti per scommesse senza pagare concessione statale

Non solo: i concessionari avrebbero creato anche 60 siti denominati SKIN. Attraverso i punti di ricariche (PVR) presenti sul territorio, i siti consentivano di ricevere scommesse su un canale di raccolta fisica, senza aver pagato la relativa concessione statale, che per tale attività ammonta a 6 mila euro a punto vendita. In questo modo, ai punti vendita, spacciati per la maggior parte come internet point, potevano tranquillamente accedere anche i minori, perché privi di particolari restrizioni. 

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