Vito Nicastri condannato per mafia, 9 anni al "re dell'eolico"

Cronaca

L'imprenditore trapanese era accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo i pm l'imprenditore trapanese sarebbe uno dei finanziatori della latitanza del boss Matteo Messina Denaro

L'imprenditore trapanese Vito Nicastri è stato condannato a nove anni di carcere dal Gup, nel rito abbreviato, per concorso esterno in associazione mafiosa. Nicastri, soprannominato “Re dell'eolico" per i suoi investimenti nelle energie rinnovabili, secondo l'accusa sarebbe stato tra i finanziatori della latitanza del boss Matteo Messina Denaro.  La procura aveva chiesto 12 anni.

Il rapporto con Arata e il caso Siri

Secondo la procura di Palermo Nicastri sarebbe un imprenditore "pregiudicato e spregiudicato", come si leggeva il 18 aprile nel decreto di perquisizione emesso nell'ambito dell'indagine su un giro di mazzette nel settore delle energie alternative. Un'inchiesta che ha coinvolto il suo socio, il faccendiere ex consulente della Lega, Francesco Paolo Arata, indagato per corruzione, oltre a funzionari regionali e professionisti. L'indagine, coordinata dalla Dda di Palermo, ha svelato un giro di mazzette alla Regione siciliana finalizzate ad agevolazioni nelle pratiche relative agli investimenti nelle energie rinnovabili. Nell'ambito dell'inchiesta è emersa anche una presunta tangente che Arata avrebbe pagato all'ex sottosegretario alle Infrastrutture Armando Siri per la presentazione di un emendamento favorevole alle imprese che si occupano di energie alternative. Questo filone dell'indagine è stato trasmesso a Roma e ha portato alla revoca dell’incarico di Siri. Secondo l'ipotesi investigativa, allo scopo di ottenere norme di favore, Arata avrebbe fatto da tramite con Siri. Nicastri avrebbe continuato a fare affari e a mantenere i rapporti con Arata anche dagli arresti domiciliari, e nonostante una maxi confisca da un miliardo di euro. 

Il collegamento con Messina Denaro

Il collegamento tra Nicastri e Messina Denaro è emerso anche dalle dichiarazioni, acquisite in questo procedimento, del mafioso mazarese Giuseppe Sucameli, il quale ha riferito, in ordine a un'operazione speculativa nel campo delle energie rinnovabili, che Nicastri si vantava di avere l'appoggio "dell'amico di Castelvetrano", facendo riferimento senza alcun dubbio, secondo i suoi interlocutori, tra cui lo stesso Sucameli, proprio a Matteo Messina Denaro.

Le condanne e le assoluzioni

Nel processo per concorso esterno in associazione mafiosa, celebrato parallelamente all'inchiesta per corruzione, sono state condannate altre tre persone tra cui il fratello di Nicastri, Roberto, condannato anch'egli a nove anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Assolte invece altre quattro persone, di cui una accusata di associazione mafiosa, e tre di favoreggiamento. Il processo è stato istruito dal Procuratore aggiunto Paolo Guido e dal Pm Gianluca De Leo.

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