Emilia, operazione contro 'ndrangheta: arrestato presidente Consiglio Comunale Piacenza

Cronaca
Il presidente del Consiglio Comunale di Piacenza Giuseppe Caruso (Foto dal sito del Comune)

Disposte misure cautelari anche per il boss Francesco Grande Aaracri, i figli Salvatore e Paolo e altri presunti appartenenti alle cosche. Il politico di FdI intercettato nel 2015: "Ho mille amicizie, so dove bussare, se tu mi tieni esterno ti dà vantaggio"

Oltre 300 agenti sono entrati in azione in diverse città dell'Emilia Romagna per un’operazione contro la 'ndrangheta. Tra i sedici arrestati nell'operazione "Grimilde" della Polizia, coordinata dalla Dda di Bologna, c'è anche il boss Francesco Grande Aracri, oltre ai figli Salvatore e Paolo. Altre misure cautelari sono state eseguite nei confronti di presunti appartenenti alle cosche, che da tempo operano nella regione e che sono storicamente legate ai Grande Aracri di Cutro. Tra i destinatari delle misure c'è anche il presidente del Consiglio comunale di Piacenza, Giuseppe Caruso (FdI): secondo gli investigatori, sarebbe parte integrante dell'organizzazione criminale che operava tra le province di Reggio Emilia, Parma e Piacenza. La leader di FdI Giorgia Meloni: "Fratelli d'Italia è pronta a costituirsi parte civile nel processo per difendere la sua immagine e la sua onorabilità. Finché non sarà chiarita la sua posizione, Giuseppe Caruso è sollevato da ogni incarico e non può essere più membro di Fratelli d'Italia".

Caruso intercettato: "Ho mille amicizie, so dove bussare"

Agli atti dell’inchiesta alcune intercettazioni risalenti al settembre 2015 in cui si sente Caruso (che non era ancora stato eletto in Consiglio Comunale) che dice: "Perché io ho mille amicizie, da tutte le parti, bancari... oleifici... industriali, tutto quello che vuoi... quindi io so dove bussare... quindi se tu mi tieni esterno ti dà vantaggio, se tu mi immischi... dopo che mi hai immischiato e mi hai bruciato... è finita". Nella conversazione l’esponente di Fratelli d’Italia, che secondo il gip ha un ruolo "non secondario nella consorteria", spiegava che, avendo all'epoca una funzione all'ufficio delle Dogane di Piacenza, avrebbe dovuto cercare di mantenere un certo distacco da Salvatore (per gli inquirenti Salvatore Grande Aracri) perché questi, come il padre Francesco, era controllato dalle forze dell'ordine. Sarebbe quindi stato più utile che Caruso non apparisse come un associato, "al fine di poter agire nell'interesse del sodalizio con più efficacia".

Nelle intercettazioni i nomi dei Grande Aracri

"Ultimamente - si legge nella conversazione di Caruso, intercettata - Salvatore stesso (sottinteso: mi dice) 'stai a casa, lasciami stare, vediamoci poco'. Perché? Perché è giusto che sia così... nel senso che io dal di fuori se ti posso dare una mano te la do, compà, perché al di fuori mi posso muovere... guardo, dico, se c'è un problema, dico: 'stai attento'. Altrimenti, dopo che si viene 'bruciati', la gente ti chiude le porte, la gente mi chiude le porte... che vuoi da me... se tu sei bruciato non ti vuole... hai capito quello è il problema... quindi allora se tu ci sai stare è così... loro invece a tutti i cani e i porci è andato a dire che io riuscivo... che a Piacenza io riuscivo a fare i libretti, le cose".

Il boss arrestato a Brescello

Francesco Grande Aracri, già condannato per associazione mafiosa, viveva a Brescello, in provincia di Reggio Emilia. Il Comune è noto, oltre che per i film su Peppone e don Camillo ispirati dai libri di Guareschi, per essere stato il primo in Emilia-Romagna che venne sciolto, a fine 2017, proprio per le infiltrazioni della criminalità organizzata.

Le accuse e le perquisizioni

Gli arrestati sono accusati a vario titolo di associazione di stampo mafioso, estorsione, tentata estorsione, trasferimento fraudolento di valori, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, danneggiamento e truffa aggravata. Oltre alle misure cautelari, gli agenti stanno anche procedendo con un centinaio di perquisizioni in tutta Italia nei confronti di persone che risultano collegate alla cosca e con un decreto di sequestro preventivo di beni nei confronti dei principali appartenenti al gruppo criminale riguardante società, beni mobili ed immobili e conti correnti. Le indagini sono state coordinate dal Servizio centrale operativo (Sco) della Polizia e condotte dagli uomini della Squadra mobile di Bologna in collaborazione con quelle di Parma, Reggio Emilia e Piacenza.

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