Uccide la moglie a Genova, pena dimezzata. Il giudice: "Anche un assassino può far pena"

Cronaca

Il magistrato Silvia Carpanini, nella bufera per aver condannato un uomo a 16 anni anziché 30 come chiesto dal pm e aver riconosciuto l'attenuante della "rabbia e del risentimento": "Delitto d’onore non c’entra". Conte: "Nessuna reazione emotiva giustifica femminicidio"

"Ci sono omicidi e omicidi, e anche un killer può far pena. Il delitto d’onore non c’entra assolutamente niente". Non ha dubbi sulla bontà della sua decisione Silvia Carpanini, il giudice di Genova finito al centro delle polemiche per aver condannato a 16 anni, contro i 30 chiesti dal pm, un uomo che ha ucciso la compagna con diverse coltellate al petto, dopo aver scoperto che non aveva lasciato l'amante come promesso. Javier Napoleon Pareja Gamboa, operaio ecuadoriano di 52 anni, è stato mosso da un "misto di rabbia e di disperazione, profonda delusione e risentimento", dice il giudice che gli ha riconosciuto le attenunati. Sulla questione è intervenuto anche il premier Giuseppe Conte. "Dobbiamo chiarire, con forza, che nessuna reazione emotiva, nessun sentimento, pur intenso, può giustificare o attenuare la gravità di un femminicidio", ha scritto su Facebook.

"Per certi versi il killer faceva pena"

Il magistrato Carpanini, intervistata dal Corriere della Sera e dalla Stampa, difende così il suo verdetto: "Si tratta del libero convincimento di un giudice, non c’è niente di cui discutere e men che meno c’è da polemizzare". Alla domanda se il killer le facesse pena, replica: "Ha vagato per un paio di notti, si è lasciato catturare: per certi aspetti sì, faceva pena. Non ha premeditato per giorni il suo raid, non ha infierito con trenta coltellate come mi è capitato di vedere in altre occasioni molto più truculente". Quindi nega che vi sia un ritorno del “delitto d’onore”, alla luce di questo caso e della recente sentenza di Bologna, che ha visto dimezzata la pena per un uomo che uccise la compagna in preda a “tempesta emotiva”: “Ma figuriamoci. A parte che, giuro, non conosco il caso di Bologna, ricordiamoci che è doveroso per un magistrato valutare ogni dettaglio a monte d’un crimine. La legge prevede massimi e minimi di pena, altrimenti per un omicidio faremmo sentenze fotocopia: ergastolo o trent’anni, a prescindere dalla storia. Sarebbe più giusto?”, si chiede Carpanini.

"Si trattò di dolo d’impeto"

La concessione delle attenuanti generiche all’assassino perché la sua fu una “reazione al comportamento della donna” che lo avrebbe “illuso e disilluso”? “Questo signore se n’era andato volontariamente in Ecuador proprio per lasciare spazio alle scelte della moglie – spiega il giudice -. Lei lo fa tornare promettendogli un futuro e lui scopre invece che praticamente c’era l’amante in casa. Tutto nel giro di poche ore”. Quindi, per Carpanini, si trattò di “dolo d’impeto”.

Conte: "Nessuna reazione emotiva può giustificare un femminicidio"

Tra chi ha commentato la sentenza c'è anche il premier Conte. "Per cogliere appieno e criticare il significato di una sentenza occorrerebbe una specifica competenza tecnica. Ma vi è un aspetto di più ampia portata culturale, che riguarda il dibattito pubblico, e su cui la politica può e anzi deve legittimamente intervenire. Ed è in questa ultima prospettiva che dobbiamo chiarire, con forza, che nessuna reazione emotiva, nessun sentimento, pur intenso, può giustificare o attenuare la gravità di un femminicidio", ha scritto su Facebook riferendosi sia al delitto di Bologna sia a quello di Genova. "Le sentenze dei giudici - ha aggiunto - si possono discutere. Anzi, in tutte le democrazie avanzate il dibattito pubblico si nutre anche di questa discussione. L'importante è il rispetto dei ruoli e, in particolare, la tutela dell'autonomia della magistratura".

La condanna e le polemiche

L’uomo condannato a Genova, un 52enne ecuadoriano, aveva ucciso la compagna di 46 anni e sua connazionale con diverse coltellate al petto. Secondo le ricostruzioni, Gamboa era tornato in Ecuador dopo aver scoperto il tradimento della donna. Poi, dopo la promessa - non mantenuta - della compagna di lasciare l'amante, era rientrato in Italia. Nella motivazione della sentenza da una parte ci sono i rimandi a "una pena severa perché nulla può giustificare l'uccisione di un essere umano", ma in altri passaggi si evidenzia che l'uomo ha colpito perché mosso "da un misto di rabbia e di disperazione, profonda delusione e risentimento e ha agito sotto la spinta di uno stato d'animo molto intenso, non pretestuoso, né umanamente del tutto incomprensibile". E ancora: "Non ha agito sotto la spinta di un moto di gelosia fine a se stesso, per l'incapacità di accettare che la moglie potesse preferirgli un altro uomo, ma come reazione al comportamento della donna, del tutto contraddittorio che lo ha illuso e disilluso allo stesso tempo". Parole che hanno scatenato la polemica e dure reazioni. "Non ho parole, non c'è delusione e gelosia che possa giustificare un omicidio", ha dichiarato il vicepremier Matteo Salvini.  "Con questa motivazione è stato riesumato il delitto d'onore", è stato invece il commento dell'avvocato Giuseppe Maria Gallo, che assiste i familiari della vittima.

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