Rifiuti in Campania, una soluzione attesa da 24 anni

Cronaca
Il deposito di ecoballe di Villa Literno. Foto d'archivio Ansa
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La lunga e complicata vicenda parte nel 1994 quando la discarica di Pianura è al collasso. Nel 1997 il piano del governatore Rastrelli che combina raccolta differenziata e termovalorizzatori, senza però risolvere il problema. E poi la questione Terra dei fuochi

Le immagini dei cumuli di spazzatura depositati lungo le strade dei comuni della Campania, salvo qualche caso isolato per le difficoltà nel servizio di raccolta, sono un ricordo lontano ma i problemi purtroppo tuttora non mancano. In Campania a rendere la vicenda più complicata c'è la questione della combustione degli scarti di produzione solo in una piccola area a cavallo delle province di Napoli e Caserta, tristemente nota come “Terra dei fuochi” e dello smaltimento delle ecoballe. Poi bisogna procedere al “trattamento” delle discariche utilizzate negli anni passati, alla bonifica di quelle abusive e di quelle che hanno accolto i rifiuti industriali, pericolosi e non, provenienti prevalentemente dal Nord (COME FUNZIONANO GLI INCENERITORI).

1994, la discarica di Pianura al collasso

Tutto ha inizio nel 1994: la discarica di Pianura, alla periferia di Napoli, è ormai quasi satura, mentre altre vengono chiuse. La differenziata, fatta eccezione per alcune realtà virtuose, è in diversi comuni della Regione quasi pari allo zero. Il governo interviene, nomina un primo commissario straordinario e procede allo stanziamento dei primi 70 miliardi di euro. Ma di soldi ne verranno spesi molti di più: un vero fiume di denaro. Nel frattempo viene autorizzato l'utilizzo di alcuni invasi dell'area di Giugliano che ingoiano milioni di tonnellate di rifiuti solidi urbani indifferenziati; invasi che sono a poche centinaia di metri da quelli dove sono stati smaltiti anche fanghi e scarti industriali.

Nel 1997 il piano del governatore Antonio Rastrelli per costruire termovalorizzatori

Tre anni dopo, nel 1997, la regione Campania, con il presidente Antonio Rastrelli, vara il primo piano, che si regge su quattro gambe: la raccolta differenziata, impianti di compostaggio per il trattamento della frazione organica, la realizzazione di sei impianti di Cdr (combustibile derivato da rifiuti), due nella provincia di Napoli e quattro nelle altre province, per trasformare il “non riciclabile” in combustibile e di tre termovalorizzatori per la combustione delle ecoballe.

Parte solo il termovalorizzatore di Acerra

I Cdr sono realizzati nel giro di qualche anno, si avvia faticosamente la raccolta differenziata (ora al 50 per cento) ma si dà il via ad un solo termovalorizzatore, quello di Acerra, che entrerà in funzione solo nel 2009: la realizzazione è stata ritardata da polemiche e proteste. Insomma un ciclo che si chiude solo 12 anni dopo dal varo del primo piano e nel frattempo i rifiuti lavorati nei Cdr - le ecoballe, quasi 6 milioni - sono stoccati in vari siti aperti in diverse località oppure prendono la via dell'estero, a bordo di navi o di treni, con costi non trascurabili. Il termovalorizzatore di Acerra dal 2009 brucerà gran parte dell'indifferenziato prodotto mentre resta tuttora una criticità per il trattamento dell'umido a causa della carenza di impianti, sempre ostacolati dalle comunità locali.

Ecoballe e Terra dei fuochi

La necessità di avere in regione tre termovalorizzatori viene riproposta qualche anno dopo dalla giunta regionale presieduta da Stefano Caldoro: ma l'ipotesi viene poi nuovamente accantonata perché la differenziata è ormai nella media nazionale. Nel frattempo i rifiuti - e non sono quelli domestici - che sfuggono a ogni filiera di trattamento vengono dati alle fiamme da persone senza scrupolo. È quello che avviene solo nella “Terra dei fuochi”, una piccola porzione di territorio tra Napoli e Caserta che finisce per essere un marchio infamante per l'intera regione, con danni notevoli di immagine a tutto il comparto agricolo. E c'è ancora da smaltire la gran parte delle ecoballe che sono state accumulate negli anni passati: il più grande sito è al confine tra Napoli e il Casertano. È il sito di Taverna del Re, che si estende su una superficie di 4,5 km: una vera e propria cittadella della spazzatura.

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