Matteo Messina Denaro e l'omicidio di Giuseppe Di Matteo, il bambino sciolto nell’acido

Cronaca
Giuseppe Di Matteo (Foto archivio Ansa)

Il dodicenne venne rapito il 23 novembre del 1993 da un gruppo di criminali su ordine di alcuni boss, tra cui Giovanni Brusca e Messina Denaro, che volevano fermare il padre del bimbo diventato collaboratore di giustizia. Venne ucciso dopo 799 giorni di prigionia

Fra le vicende più terribili legate al nome del boss Matteo Messina Denaro, arrestato dopo 30 anni di latitanza il 16 gennaio 2023 (TUTTI GLI AGGIORNAMENTI IN DIRETTA - LE IMMAGINI DELLA GIORNATA - IL VIDEO ESCLUSIVO DI SKY TG24 DELLA CATTURA DI MESSINA DENARO), c'è sicuramente quella dell'uccisione del 12enne siciliano Giuseppe Di Matteo, strangolato e sciolto nell'acido nel 1996. Tutto inizia il 23 novembre 1993, nel pieno del periodo delle bombe e delle stragi mafiose: il ragazzo viene rapito da un gruppo di criminali su ordine, tra gli altri, di Giovanni Brusca, allora latitante e boss di San Giuseppe Jato e Matteo Messina Denaro. L’obiettivo era quello di convincere il padre del bambino, Santino, ex mafioso diventato collaboratore di giustizia, a tacere sugli affari e le azioni della criminalità organizzata. L’11 gennaio 1996, dopo 799 giorni di prigionia, il bambino viene strangolato e il suo corpo sciolto nell’acido. 

Il rapimento

Giuseppe, nato il 19 gennaio 1981, viene rapito mentre si trova in un maneggio di Piana degli Albanesi, in provincia di Palermo. Secondo quanto raccontato da Gaspare Spatuzza, pentito poi condannato per il sequestro che ha raccontato i dettagli della vicenda, gli uomini mandati da Brusca si travestono da poliziotti per ingannare il bambino facendogli credere di potergli far incontrare il padre, in quel periodo sotto protezione lontano dalla Sicilia.

I messaggi alla famiglia Di Matteo

Inizialmente la famiglia di Giuseppe lo cerca negli ospedali, ma l’1 dicembre riceve un biglietto con scritto “Tappaci la bocca” ("Tappagli la bocca", ndr) e due foto del bambino che teneva in mano un quotidiano del 29 novembre 1993: a quel punto è chiaro che la sparizione è legata alle rivelazioni che Santino Di Matteo sta facendo sulla strage di Capaci e sull'uccisione dell'esattore Ignazio Salvo. Quasi due settimane dopo, la madre di Giuseppe denuncia la scomparsa del figlio, e la sera stessa arriva a casa del suocero (il padre di Santino) un altro messaggio: "Il bambino lo abbiamo noi e tuo figlio non deve fare tragedie".

L’omicidio

Durante la prigionia il bambino fu spostato varie volte tra il Trapanese e l’Agrigentino, fino al 1995 quando viene rinchiuso in un casolare nelle campagne di San Giuseppe Jato. Il padre, dopo una iniziale titubanza, decide di non piegarsi al ricatto e di continuare a collaborare con la giustizia. La sera dell’11 gennaio 1996, quando Brusca sente in televisione di essere stato condannato all’ergastolo per l’omicidio di Ignazio Salvo, ordina l’omicidio di Giuseppe, che viene strangolato e poi sciolto nell’acido.

Condannato anche Matteo Messina Denaro

Per l'omicidio di Giuseppe Di Matteo il 16 gennaio 2012 sono stati condannati all'ergastolo, nel quarto processo sulla morte del bambino, il boss trapanese Matteo Messina Denaro e il boss Giuseppe Graviano - tra i mandanti del sequestro insieme a Brusca - Luigi Giacalone, Francesco Giuliano e Salvatore Benigno, gli uomini del commando che ne curarono le fasi organizzative. Il 18 marzo 2013 le condanne sono state confermate anche in appello. A inchiodarli è il pentito Gaspare Spatuzza, che nello stesso processo è stato condannato a 12 anni. I processi sulla morte di Giuseppe Di Matteo hanno portato a decine di condanne, tra cui anche quelle di Cristoforo Cannella, alla guida dell’auto sulla quale venne caricato il bambino al momento del rapimento, e Benedetto Capizzi, il boss che indicò il luogo dove lasciare il piccolo dopo il sequestro.

Combo con 8 foto o identikit di Matteo Messina Denaro. Le prime quattro (prima riga) sono le ultime sue foto disponibili, tutte precedenti al 1993, anno da cui ha cominciato la sua latitanza. Nella seconda riga i tre identikit diffusi rispettivamente nel 2007, 2011 e 2014 dalle forze dell'ordine. L'ultima foto è stata scattata il giorno dell'arresto, il 16 gennaio 2023. ANSA   

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