Ostia, confiscati beni per 18,5 milioni di euro al clan Fasciani

Cronaca
Il sequestro dei beni per 18,5 milioni di euro al clan Fasciani arriva dopo una lunga serie di indagini (archivio ansa)

Al termine delle indagini, la Guardia di Finanza ha bloccato società, immobili e conti bancari riconducibili ai fratelli Carmine e Terenzio, capi del gruppo attivo fra Roma e il litorale ostiense. Entrambi sono stati sottoposti a sorveglianza speciale per 4 anni

Beni mobili e immobili per un valore 18 milioni e mezzo di euro. Questo l'ammontare della confisca effettuata dagli uomini della Guardia di Finanza di Roma ai danni di Carmine e Terenzio Fasciani, due potenti esponenti dell'omonimo clan operante tra la capitale e Ostia.

Le lunghe indagini

L'operazione, denominata "Medusa", ha portato all'attuazione del decreto di confisca emesso dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale di Roma su richiesta della Direzione distrettuale antimafia capitolina. L'ordinanza è il frutto del lungo lavoro svolto dagli specialisti del G.I.C.O del Nucleo di polizia economico-finanziaria. Le indagini sono infatti partite dopo le operazioni "Nuova Alba" (del luglio 2013) e "Tramonto" (del febbraio 2014), che avevano permesso di documentare l'esistenza e l'operatività dei Fasciani nel territorio di Ostia. Nelle stesse operazioni era stato inoltre possibile identificare i "capi" del sodalizio - i fratelli Carmine e Terenzio - e di acquisire "rilevanti fonti di prova" di reati funzionali ad agevolare l'organizzazione mafiosa. Il percorso delle indagini è stato poi confermato dalla Corte di Cassazione con due sentenze (ottobre 2017 e febbraio 2018) che hanno sancito la matrice mafiosa del clan. In particolare il Gico è riuscito a ricostruire e accertare come i due fratelli avessero accumulato, nel tempo, un ingentissimo patrimonio mobiliare e immobiliare, in parte intestato ai loro familiari, in misura "assolutamente sproporzionata – precisano gli inquirenti - rispetto ai redditi lecitamente percepiti".

I beni sequestrati

Secondo quanto reso noto, i controlli delle autorità avrebbero svelato, in particolare, "un tenore di vita del tutto incoerente rispetto alle capacità reddituali, costituendo le attività criminali del clan l'origine delle ingenti ricchezze possedute". Le indagini, aiutate dalle testimonianze di diversi collaboratori di giustizia, hanno portato nel 2016 il Tribunale di Roma a disporre il sequestro dei beni che oggi sono stati definitivamente confiscati. Si tratta di 8 società e una ditta individuale, attività di bar, ristorazione, panificazione, commercio al dettaglio di altri prodotti alimentari, gestione stabilimenti balneari e immobiliare, tutte tra Roma e Ostia. La lista continua con 12 unità immobiliari, un terreno a Roma e uno in provincia de L'Aquila; rapporti bancari, postali, assicurativi e azioni. Inoltre, rilevata la "spiccata ed allarmante pericolosità" dei due fratelli Fasciani, il magistrato della prevenzione ha sottoposto entrambi alla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per la durata di quattro anni.

Il sistema dei Fasciani

I finanzieri del Comando provinciale di Roma hanno inoltre evidenziato che le attività del clan Fasciani hanno determinato "un vero e proprio 'inquinamento' dell'economia legale del litorale" romano. Tale inquinamento - spiegano gli investigatori - è stato "attuato sfruttando consapevoli 'prestanome' che sono stati posti formalmente a capo di numerose società operanti nel settore della ristorazione, della panificazione, della gestione di stabilimenti balneari e del divertimento notturno utilizzate come 'schermo' per celare il 'centro di interessi occulto' facente capo ai Fasciani". Dal Consiglio regionale del Lazio, il presidente Daniele Leodori ha espresso soddisfazione per l'operazione che ha smantellato il sistema attivo sul litorale. "L'esecuzione di confische dei beni di un noto clan malavitoso a Ostia – ha dichiarato Leodori - è un altro duro colpo al radicamento di tipo mafioso che in questi anni è penetrato in alcuni territori di Roma".

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