Racket e canili, cosa c’è dietro

Cronaca

Pietro Adami

Foto d'archivio: Fotogramma
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Le associazioni denunciano l’interesse delle organizzazioni criminali, attirate da un mercato che, secondo Aidaa, vale 22 milioni di euro l’anno. Grazie a gare d’appalto al ribasso, ottengono la gestione di strutture dove tengono gli animali in condizioni terribili

Quello dei canili è un business appetitoso, che fa gola a criminalità organizzata e organizzazioni malavitose. L’odierna inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, che ha portato all’arresto di 7 persone, accusate di condizionare gli appalti per l'assegnazione dei servizi di custodia e assistenza dei cani randagi, è solo l’ultimo episodio di un fenomeno - quello del racket nel settore - che le associazioni denunciano da tempo.

Aidaa: “Un business da 22 milioni di euro”

Sospetti sull’attività di uno dei canili sequestrati dalla Dda erano già stati segnalati nel 2007 da Aidaa, l’associazione italiana a difesa degli animali e dell’ambiente. “Avevamo presentato un esposto per denunciare le attività criminali che avvenivano nel canile di Sant’Ilario”, racconta a Sky TG24 Lorenzo Croce, presidente dell’associazione. “Finalmente giustizia è fatta – aggiunge – ma è solo uno dei tanti casi in cui le mafie lucrano, per un giro d’affari che, secondo le nostre stime, vale 22 milioni di euro all’anno”.

La gestione degli appalti e i canili lager

Ma come guadagnano le organizzazioni criminali dalla gestione dei canili? “Per ogni cane tenuto in custodia il Comune paga al gestore un vitalizio – spiega a Sky TG24 Domenico Aiello, avvocato calabrese da anni impegnato in prima persona nella battaglia contro le infiltrazioni criminali – alcuni canili decidono così di tenere le porte chiuse e non permettere alle persone di vedere e adottare gli animali: li tengono segregati in pessime condizioni e continuano a ricevere i soldi”. Sono i cosiddetti canili lager, “che detengono migliaia e migliaia di animali, soprattutto al Sud”, aggiunge Ciro Troiano, responsabile dell’Osservatorio Nazionale Zoomafia LAV. Secondo Croce, il vero guadagno arriva gonfiando le spese: “Magari vincono gli appalti con un’offerta di 70 centesimi al giorno per cane: poi però dichiarano spese altissime per i veterinari e il cibo e riescono ad ottenere rimborsi molto alti”.

Il caso esemplare di Mafia Capitale

Troiano cita come caso esemplare del fenomeno quello di Mafia Capitale: dalle carte dell’inchiesta è infatti emerso che le cooperative indagate non volevano fare affari solamente con i centri di accoglienza per migranti, ma anche grazie agli appalti dei canili. “Le organizzazioni malavitose riescono ad aggiudicarsi le gare grazie a offerte al ribasso – sottolinea Troiano – e grazie a rapporti di corruttela con pubblici ufficiali”.

Le associazioni chiedono politiche di sterilizzazione

Per le associazioni e gli attivisti sarebbero molti gli interventi necessari per mettere un freno al racket: a cominciare dall’investimento di risorse nella sterilizzazione degli animali randagi, che ridurrebbe drasticamente il numero di cani presenti nel territorio: secondo gli ultimi dati diella Lav, sono circa 130mila gli esemplari detenuti nei canili. Un numero altissimo, che attira molti soldi. Secondo Troiano, “da questo fenomeno abbiamo due vittime: la prima sono gli animali perché vengono trattati come oggetti, la seconda è la società, perché le mafie come l’ndrangheta continuano a finanziarsi e a creare danni enormi al nostro Paese”.

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