Omicidio Pamela, da perizie Ris spunta Dna di una persona sconosciuta

Cronaca
Foto d'archivio

Sul corpo della 18enne uccisa lo scorso 30 gennaio sono state trovate tracce di un soggetto non coinvolto nell'inchiesta. Al momento, per il delitto, si trovano in carcere tre cittadini di origini nigeriane e un quarto è indagato a piede libero

È stata trovata la traccia di un Dna sconosciuto sul corpo di Pamela Mastropietro, la 18enne romana uccisa e fatta a pezzi a Macerata lo scorso 30 gennaio. Per gli inquirenti si tratterebbe di una traccia ''da contaminazione", cioè dovuta al possibile contatto del resto umano su cui è stata trovata con una superficie o qualcosa su cui già c'era quel Dna. Il nuovo elemento non sembrerebbe però ricondurre a una nuova pista nell'inchiesta. Al momento le indagini sul delitto coinvolgono quattro uomini di origini nigeriane: tre di loro sono in carcere - accusati a vario titolo di concorso in omicidio volontario e vilipendio e occultamento di cadavere - e un quarto è indagato a piede libero.

I profili genetici trovati sul corpo di Pamela

I profili genetici trovati sul corpo della giovane sono tre: uno è di Innocent Oseghale, il 29enne di origini nigeriane che abitava nell'appartamento di via Spalato che accompagnò la giovane ad acquistare una dose di eroina e che poi salì in casa con lei. Il secondo appartiene a un tassista - non indagato - che il 29 gennaio, il giorno prima del delitto, si era intrattenuto con la ragazza. Il terzo è quello di una persona al momento non identificata. Oseghale ha lasciato impronte in casa e su uno dei due trolley nei quali era stato poi trasportato a Pollenza il corpo fatto a pezzi di Pamela. Nessuna traccia, invece, degli altri due arrestati, Desmond Lucky e Lucky Awelima, e del quarto indagato. Lucky e Awelima hanno sempre sostenuto di essere estranei ai fatti. 

Le condizioni della ragazza prima del decesso

Intanto emergono altri particolari sulle cause della morte della ragazza e sulle sue condizioni prima del decesso. Secondo gli accertamenti tossicologici, la 18enne avrebbe assunto eroina - con ogni probabilità non per endovena - nei mesi precedenti alla morte: la conclusione deriverebbe dalle tracce di morfina trovate in varie parti del corpo ma anche dall'analisi del capello. I medici legali però escludono la morte per overdose e attribuiscono la causa del decesso alle due lacerazioni all'altezza del fegato riscontrate sul cadavere, inferte con un coltello dalla lama di oltre 10 centimetri. Anche su questa ricostruzione, però, le difese non concordano.

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