Assalto caveau Catanzaro, preso commando che agì con armi pesanti

Cronaca
Nel dicembre del 2016 la banda portò via 8 milioni di euro dal caveau di Sicurtransport a Catanzaro (foto archivio Antonio Capria)

Il colpo che nel dicembre del 2016 fruttò un bottino di 8 milioni di euro fu condotto con metodi paramilitari. Contestata l'aggravante del metodo mafioso: parte del bottino alla famiglie mafiose della zona

La Polizia di Stato ha arrestato i responsabili della clamorosa rapina, avvenuta nel dicembre 2016, al caveau dell'istituto di vigilanza "Sicurtransport" di Catanzaro. Ai membri della banda è stata contestata l'aggravante del metodo mafioso: una parte dei proventi è infatti stata corrisposta alle famiglie di 'Ndrangheta che hanno influenza sulla zona.

Il colpo nel dicembre 2016

Il colpo, messo a segno con metodi paramilitari da un 'commando' di malviventi armati di mitra e forniti di sofisticate apparecchiature elettroniche, fruttò un bottino di oltre 8 milioni di euro. Dieci, dodici minuti al massimo. Tanto durò, la sera del 4 dicembre 2016, l'assalto al caveau della società Sicurtransport in località Profeta nel comune di Caraffa, nel catanzarese. L'azione fu condotta da almeno una quindicina di persone. La banda arrivò nella sede dell'istituto di sorveglianza con un camion dotato di carrello, utilizzato per il trasporto di una grossa ruspa con martello pneumatico e braccio di 3 metri.

La dinamica dell'assalto

Prima di entrare in azione bloccarono tutte le strade di accesso con 11 auto rubate messe di traverso e incendiate. Quindi staccarono una centralina inserendo un dispositivo per disturbare i ponti radio, isolando la zona telefonicamente. Solo allora entrò in azione la ruspa che sfondò il muro in cemento armato rinforzato con barre di acciaio del caveau. L'intervento della polizia, avvisata dagli abitanti della zona, costrinse la banda a lasciare altri 40 milioni depositati nel caveau. Le indagini dell'operazione (denominata "Keleos") sono state coordinate dalla Procura distrettuale antimafia di Catanzaro e condotte dal Servizio centrale operativo della Polizia di Stato e dalle Squadre Mobili di Catanzaro e Foggia. Ai responsabili della rapina è stata contestata l'aggravante del metodo mafioso. Il colpo sarebbe infatti stato svolto in collaborazione con influenti famiglie della 'Ndrangheta attive nella zona.

Specialisti pugliesi nel commando

Le indagini della Polizia di Stato hanno accertato l'esistenza di uno stretto collegamento tra pugliesi della zona di Cerignola (Foggia) 'specializzati' nel settore e basisti locali. Secondo quanto reso noto la rapina del dicembre 2016 ha comportato un pianificato studio del territorio e sarebbe stato possibile grazie alla complicità di un dipendente dell'istituto di vigilanza, responsabile della sicurezza del caveau, che al tempo fornì alcune informazioni dettagliate preventive. In particolare l'impiegato avrebbe indicato ai membri del commando l'esatto posto dove operare la "spaccata" così da realizzare il colpo nei tempi ridotti previsti dai malviventi. Secondo gli investigatori, i calabresi coinvolti nella rapina si sono occupati di reperire le informazioni dal basista e di procurare le auto ed il mezzo cingolato (una ruspa) utilizzati rispettivamente per il blocco delle strade e per la demolizione del muro di accesso al caveau. Sempre ai calabresi sarebbe collegabile la logistica della permanenza clandestina a Catanzaro del commando assaltatore composto dai malviventi pugliesi.

Banditi traditi da una donna

Stanto ai primi dettagli forniti dagli inquirenti, determinanti per la cattura dei rapinatori sarebbero state le dichiarazioni di una collaboratrice di giustizia. La donna, legata sentimentalmente ad uno degli organizzatori del colpo, ha fornito agli investigatori riscontri su fatti e circostanze relativi al suo compagno ed al ruolo primario svolto da
quest'ultimo nella vicenda.

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