Migranti, Sky Tg24 a bordo delle navi che operano nel Mediterraneo

Cronaca
La nave SeaWatch3 (Getty images)
GettyImages-871690482

Il racconto di come avvengono le operazione di ricerca e salvataggio in mare da parte della ONG Sea Watch, che dal 2015 opera nel mediterraneo per trarre in salvo i migranti che dalla Libia partono su barconi fatiscenti rischiando la vita

di Monica Napoli

È il 4 aprile di una strana primavera, da due giorni vanno avanti i lavori sulla nave Seawatch3 della ong tedesca attraccata al porto di Malta. Alle prime ore dell'alba arriva il rifornimento di carburante e di cibo. La sensazione è che non ci sia neanche un minuto da perdere, tutto deve essere pronto per la partenza. Al molo di Malta, al Buzzina Yard, l'adrenalina si sente ed è sempre più alta.

La partenza da Malta

Si controlla tutta l'imbarcazione, si ridipinge e si ispeziona in ogni angolo, è la stessa che a novembre ha tratto in salvo una cinquantina di persone nel naufragio che causò la morte di altre 50 persone, in quella occasione i libici hanno riportato indietro 47 migranti. Si lavora incessantemente, ci si ferma solo per i corsi di sicurezza a bordo e per i briefing psicologici di fondamentale importanza, mi spiegano, anche per i veterani delle missioni in mare. 

La testimonianza

"Si torna cambiati - avverte il pastore protestante che ha questa volta il compito di istruire la crew - fronteggiare le emergenze, la morte, vivere la sofferenza vi cambierà ed è normale. Sentirete anche l'impotenza. Il segreto è supportarsi l'un l'altro, trovatevi l'anima gemella a bordo il che non vuol dire un rapporto d'amore o di sesso ma di complicità e aiuto nei momenti più complicati".

Le tecniche di sicurezza

All'arrivo al molo mi accoglie Ruben, è lui che si occupa dei media, il porto sembra di quelli industriali, siamo lontani dalla Malta turistica che conoscono in tanti, a bordo incontro un'altra giornalista, una collega freelance olandese. Subito ci diciamo quanto sia importante documentare quanto accade nel Mediterraneo. Ruben mi presenta Annie che mi spiegherà tutte le tecniche di sicurezza in caso di incendio o nel caso ci sia un uomo in mare, come fronteggiare l'eventuale arrivo dei pirati e come comportarmi in caso la guardia costiera libica non assuma un atteggiamento diciamo amichevole. "Può capitare che circumnavigano la nostra imbarcazione - mi spiega - o che ci minaccino, da un anno le cose sono profondamente cambiate nel Mediterraneo". Lei, come il comandante Pia, è una veterana, a novembre era in mare e racconta ancora con sgomento quanto accaduto. 

La vita su una nave di una ONG

Mi basta poco per capire che la vita a bordo di una nave di una ONG ha regole precise. Lo spirito di adattamento è fondamentale così come sentirsi parte della crew e non sentirsi ospiti a bordo. Ognuno ha un compito, anche noi giornalisti: dal lavare i piatti ad aiutare nelle faccende più semplici. Ci sono due bagni per 23 persone, una cucina la cui sala funge anche da luogo di incontro per riunioni e incontri, una sala medica adibita ad ambulatorio, un deposito per cibo e materiale necessario per i salvataggi. Le cabine sono ridotte al minimo, all'interno un letto a castello e un minuscolo armadio. Mi accorgo subito che nulla è lasciato al caso, tutto ha un ordine all'interno dell'imbarcazione e tutti hanno un compito. In mare bisogna arrivarci preparati, le ultime ore a terra sono utili per comprare ciò che manca e controllare nei minimi particolari anche i gommoni che porteranno i migranti a bordo. 

Lo spirito della missione

La sera prima di lasciare il porto è l'ultima sera in cui le birre sono ammesse sulla nave, quasi tutti approfittiamo di questi ultimi momenti di "normalità" prima della partenza. Ma la voglia, il desiderio di andare è ormai tangibile. L'emozione, nonostante, in tanti abbiamo già partecipato a decine di missioni è tanta per tutto e quella sensazione di farfalle nello stomaco la sento anche io che sono qui per documentare. Qui non arriva l'eco delle critiche, sembrano non pesare le difficoltà dell'Unione europea nella gestione del flusso migratorio. Sorridono quando si parla di come vengono descritti sui social e da una certa politica. Nei loro occhi sono ancora vive le immagini dei volti di chi è in mare e rischia la morte, nelle loro braccia tutta la forza per portarli a bordo e cercare di salvargli la vita. 

L'equipaggio

Su 23 persone, che compongono la crew, solo tre sono dipendenti della ONG, gli altri sono volontari: medici, ingegneri, un cuoco, una psicologa, un tecnico delle telecomunicazioni. Insomma ruoli chiave nell'organizzazione di una crew. "Non è un gioco andare a salvare le persone" specifica Pia, il comandante. 

Le ONG che operano nel Mediterraneo

Sono preoccupati dalle notizie che arrivano dal Mediterraneo e dalle altre ONG, il sequestro della nave della spagnola Proactiva OpenArms non li ha frenati, non ha modificato i loro piani. Sono tesi per quanto raccontato dei colleghi di SOS Mediterranee che parlano di tre giorni difficili di contrattazione in mare con la guardia costiera libica solo un paio di giorni fa. Riunioni e incontri si sono susseguiti tra i responsabili delle diverse ong presenti a Malta anche per capire come fronteggiare i nuovi pericoli. Dopo pranzo un'altra riunione per ricapitolare compiti e ruoli nelle emergenze, poi tutti al lavoro per sistemare le ultime cose. Nessuno si ferma, nessuno smette di lavorare. L'ora della partenza si avvicina, tutto deve essere a posto. 

Cronaca: i più letti