Migranti, giudice condanna governo: "Cie è danno all'immagine di Bari"

Cronaca
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La sentenza della prima sezione civile del tribunale ha stabilito che la Presidenza del Consiglio e il ministero dell'Interno dovranno versare un risarcimento di 30mila euro per i danni arrecati alla città dalla presenza del centro

La presenza del Centro di identificazione e espulsione a Bari reca un danno di immagine al Comune "in conseguenza dei trattamenti inumani e degradanti praticati in danno dei detenuti" nel Cie. Per questo la prima sezione civile del Tribunale di Bari ha condannato la Presidenza del Consiglio e il ministero dell'Interno a versare un risarcimento di 30mila euro.

La responsabilità del governo

"Il Cie di Bari - scrive il giudice monocratico Concetta Potito nelle motivazioni - viste le risultanze probatorie, non risulta di certo idoneo all'assistenza dello straniero e alla piena tutela della sua dignità in quanto essere umano. Il risarcimento è ritenuto necessario per via dell'ingente danno arrecato alla comunità territoriale tutta, da sempre storicamente dimostratasi aperta all'ospitalità, per via delle scelte gestionali dell'Amministrazione statale. Quest'ultima - secondo il giudice - è rimasta inerte dinanzi alle numerose segnalazioni circa le condizioni in cui versavano gli immigrati del Cie, nonché dinanzi a richieste di verifica delle condizioni igienico-sanitarie del Centro".

Danni all'immagine della città

La sentenza rimarca che "il danno all'immagine si giustifica alla luce di quella che è una normale identificazione, storicamente provata, tra luoghi ove si perpetrano violazioni dei diritti della persona e il territorio che li ospita". Il giudice indica alcuni esempi: "Si pensi ad Auschwitz, luogo che richiama alla mente di tutti immediatamente il campo di concentramento simbolo dell'Olocausto - osserva il magistrato - e non di certo la cittadina polacca sita nelle vicinanze.

Il caso Lampedusa

Anche in Italia si trovano esempi, come Lampedusa, il cui nome - afferma il giudice citando una precedente ordinanza del 3-9 gennaio 2014, "ormai evoca immediatamente più 'la parte', vale a dire il campo profughi che vi è ospitato (insieme con i periodici e per lo più drammatici approdi di migranti dal mare e con i fatti anche luttuosi o 'scandalosi' che vi sono accaduti e vi accadono) che il 'tutto', e cioè l'isola protesa nel Mediterraneo".

La richiesta di risarcimento

La sentenza è stata pronunciata su ricorso degli avvocati Luigi Paccione e Alessio Carlucci, che hanno agito "in sostituzione" del Comune e della Provincia di Bari. “È una decisione che non ha precedenti in Europa", ha sottolineato Paccione. I due legali avevano chiesto anche di ordinare la chiusura del Cie di Bari, che è però già stato chiuso a seguito di un incendio, e un risarcimento del danno "per la violazione dei diritti umani all'interno del Centro". Anche su questo, il giudice non si è pronunciato perché ha ritenuto che la richiesta avrebbe dovuto essere avanzata dalle persone che si trovano nella struttura.

 

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