Pavia, rubavano carburante dagli oleodotti Eni: 7 arresti

Cronaca
Una foto d'archivio della raffineria Eni di Sannazzaro de' Burgondi, in provincia di Pavia (LaPresse)
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Operazione dei carabinieri di Pavia. Si stimano milioni di litri sottratti dal 2011 da una banda composta da italiani e lettoni. Sequestrata una trivella militare da 200mila euro

Erano specializzati in furti di carburante dagli oleodotti Eni, Sarpom e Sigemi nel nord Italia, che prelevavano in quantità industriali con apparecchiature professionali. Sono sette le persone arrestate dai carabinieri di Pavia nell’ambito dell’operazione “Enigma”, che ha sgominato una banda internazionale composta da cittadini italiani e lettoni, tra i quali tecnici che lavoravano negli impianti dell’ex Unione Sovietica, ex dipendenti di società petrolifere dell’est Europa e italiani addetti principalmente alle attività di intermediazione e logistiche. Nove le persone ancora ricercate.

I furti

Secondo le stime dei militari dell’Arma pavese, il gruppo, dal 2011, ha sottratto "migliaia di litri di carburante" agli oleodotti dell'Eni nelle province di Pavia, Alessandria, Piacenza, Lodi, Milano, Novara. Si parla di 140mila litri già sequestrati, forse milioni quelli sottratti negli ultimi 6 anni. Un giro d'affari difficile da quantificare, ma nell'ordine dei milioni di euro quello emerso dall'indagine coordinata dalla procura di Pavia, con il procuratore Giorgio Reposo e il pm Andrea Zanoncelli.

L'accusa

Sono 16 (di cui 7 eseguite) le ordinanze di custodia cautelare emesse per "associazione a delinquere e una serie di altri reati satelliti come il furto aggravato e la ricettazione, mentre è in corso di accertamento il reato ambientale". Una banda i cui elementi di spicco, secondo quanto riferito, vivevano in dimore di lusso, uno a Trezzano sul Naviglio, nel Milanese, gli altri in provincia di Pavia, con auto in garage da centinaia di migliaia di euro.

L'attrezzatura

Tra il materiale sequestrato agli indagati, figura una trivella militare di tipo industriale del valore di 200mila euro, oltre a droni con metal detector, metri e metri di tubature, sonde e cavi telecomandati e robotizzati che consentivano di perforare a distanza. E ancora cisterne, bidoni, un sonar e altro materiale tecnico e tecnologico come mezzi di refrigerazione.

I capi

Al vertice della banda c'erano un lettone di 31 anni e un italiano 50enne, che era il referente per tutti gli altri. "Il dato eclatante era l'organizzazione precisa delle attività del sodalizio" ha spiegato il procuratore pavese Giorgio Reposo. Luciano Gregori, manager Eni, ha ricordato che "le effrazioni alle infrastrutture che trasportano combustibili sono pericolose, in quanto la perforazione di una condotta in pressione può portare danni alle persone e all'ambiente”.

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