Milano, condannati a sei anni di carcere due presunti jihadisti

Cronaca

Confermata la sentenza di primo grado per terrorismo internazionale. Lassaad Briki e Muhammad Waqas erano stati arrestati nel 2015 a Brescia. Sarebbero gli autori dei selfie di minaccia scattati a Milano e Roma. Intercettati parlavano di attentati da compiere in Italia

La Corte d'Assise d'Appello di Milano ha confermato le condanne a sei anni di carcere per terrorismo internazionale per il tunisino Lassaad Briki e per il pakistano Muhammad Waqas, arrestati nel luglio 2015 e che, intercettati, parlavano di attentati da compiere in Italia e in particolare alla base Nato di Ghedi, nel Bresciano. I presunti jihadisti legati all'Isis sarebbero anche gli autori di selfie di propaganda e minacce emersi sul web due anni fa.

“Non c’entriamo nulla con l’Isis”

Il sostituto pg Maria Vulpio aveva chiesto la conferma delle condanne di primo grado, parlando di "lupi solitari" che costituivano un "piccola cellula". Ma i due imputati, durante le dichiarazioni spontanee, hanno detto: "Non c'entriamo nulla con l'Isis e con il terrorismo".

Inoltre, parlando di una rivista trovata dagli investigatori nel suo tablet, una “guida del mujahidin in Occidente” intitolata How to survive in the west, Waqas ha detto di averla presa da un sito americano: "Scaricare una rivista è reato? Anche il procuratore l'ha scaricata e nella prima udienza del primo grado l'ha distribuita ai giudici e perché lui non è accusato di proselitismo? La legge è oggettiva e non può essere soggettiva". E ha aggiunto: “Nelle perquisizioni non hanno trovato armi, niente, possiamo parlare ore e ore degli scherzi al telefono tra me e Bikri, ma sul terrorismo non c'è niente. Estradatemi in Pakistan e poi quando la sentenza diventerà definitiva semmai chiedete l'estradizione al mio Paese".

Bikri, dal canto suo, ha detto che "il giuramento all'Isis che mi viene contestato l'ho trovato su un sito web, è solo un testo e quei tweet con le foto erano solo dei retweet che circolavano sul web".

Il legale: “Punire il pensiero è anticostituzionale”

"Vogliamo davvero credere - ha detto il difensore Luca Crotti - che questi due ragazzi senza armi volessero attentare ad un base militare", mentre il collega Vittorio Platì ha spiegato che "solo nel 'diritto penale del nemico' si punisce chi pensa a prescindere dalla condotta, è una cosa contraria all'articolo 21 della nostra Costituzione".

I selfie e i sopralluoghi

Waqas e Briki vivevano nel Bresciano e avevano i documenti in regola. Il primo, 37 anni, era addetto alle pulizie in un'azienda il secondo, 29 anni, era invece autista in una ditta di distribuzione alimentare. Erano stati arrestati il 22 luglio del 2015 e, stando alle indagini del pm Enrico Pavone, sarebbero gli autori dei selfie di propaganda dell'Isis e di minacce davanti al Duomo di Milano e al Colosseo di Roma, comparsi sul web nella primavera di due anni fa. Nelle fotografie, infatti, comparivano cartelli con su scritto “Siamo nelle vostre strade” e con minacce da parte dello “Stato islamico”. Inoltre, stando alle indagini della Digos e della polizia postale, i due avrebbero effettuato sopralluoghi intorno alla base militare di Ghedi, parlando nelle intercettazioni anche di altri obiettivi, tra cui "ammazzare dei carabinieri".

Il quadro poi si sarebbe ulteriormente aggravato perché gli investigatori sono riusciti a recuperare alcune chat che dimostravano che "l'Isis aveva preso in carico Briki e lo aspettava" in Siria. Waqas, invece, "ossessionato" dal voler colpire "dei carabinieri", avrebbe arruolato anche un giovane proponendogli di andare nei territori del sedicente Stato islamico dove "loro ti danno la casa, 500 o 600 euro ma solo perché non sei ancora capace di uccidere".

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