'Ndrangheta: arrestato Antonino Pesce, era latitante da luglio

Cronaca
Il momento dell'arresto di Antonino Pesce in una foto diffusa dai carabinieri
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I carabinieri l'hanno fermato in una casa di Gioia Tauro, dove probabilmente si trovava per incontrare la compagna e i figli. È ritenuto il reggente dell'omonima cosca. Al momento dell'irruzione dei militari, ha tentato di disfarsi di una pistola lanciandola dalla finestra

Antonino Pesce, latitante dal luglio scorso, è stato arrestato dai carabinieri di Reggio Calabria. Pesce, 34 anni, si nascondeva in un appartamento a Gioia Tauro. È ritenuto il reggente dell’omonima cosca della ‘ndrangheta. L’arresto è avvenuto in esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip di Reggio Calabria su richiesta della Dda, per associazione mafiosa e traffico internazionale di sostanze stupefacenti.

L’arresto a Gioia Tauro - Pesce, latitante da oltre sei mesi, è stato individuato in una casa nella zona marina di Gioia Tauro, dove probabilmente era andato per incontrare la compagna e i figli (di 3 anni e si 6 mesi). A fermarlo sono stati i carabinieri del Reparto operativo del Comando provinciale di Reggio Calabria e quelli della Compagnia carabinieri, insieme allo Squadrone cacciatori Calabria. Quando i militari hanno fatto irruzione nell’appartamento, Pesce ha tentato di disfarsi di una pistola lanciandola dalla finestra. L'arma, subito recuperata dai carabinieri, è risultata essere una pistola semiautomatica in ottimo stato e perfettamente efficiente, completa di caricatore e relativo munizionamento, oggetto di un furto compiuto a Civitanova Marche (Macerata) nel 2015. L'uomo, poi, non ha opposto resistenza.

Pensava di essere stato tradito - “Vi è arrivata la chiamata?”, avrebbe detto Pesce agli uomini dell’Arma pensando di essere stato tradito da qualcuno. In realtà, però, non sarebbe arrivata nessuna soffiata: i carabinieri hanno fatto sapere di essere arrivati a lui grazie alle indagini. Gli investigatori, già dal luglio scorso, avevano iniziato a controllare i movimenti di familiari e conoscenti tra Rosarno, suo paese natale, e Gioia Tauro, dove era il centro dei suoi interessi criminali per via dell'importazione di cocaina. La svolta negli ultimi due giorni, quando sono stati notati strani movimenti vicino all’abitazione di Tonino Belcastro, 53 anni, già noto alle forze dell'ordine. Sono iniziati, così, servizi di osservazione a distanza con l'uso delle telecamere. Avuta la quasi certezza della presenza di Pesce, la notte scorsa è scattato il blitz. Belcastro, nell’appartamento al momento dell’irruzione insieme alla compagna e ai figli di Pesce, è stato arrestato per favoreggiamento personale.

Ritenuto il reggente della cosca - Antonino Pesce, dopo l’arresto di altri familiari, è ritenuto dagli investigatori il reggente dell'omonima cosca e colui che si occupava dell'approvvigionamento delle risorse finanziarie. In particolare, gestiva l'attività di importazione di cocaina dal Sudamerica e curava il trasferimento illegale della droga importata da altri e stoccata in container sbarcati nel porto di Gioia Tauro. Pesce, poi, amministrava le risorse finanziarie e le distribuiva ai vertici della cosca detenuti e ai loro familiari. Inoltre, curava i rapporti con le altre cosche, in particolare quella dei Bellocco e dei Molè. In generale, secondo gli investigatori, svolgeva le funzioni di organizzatore e promotore della cosca.

Sfuggito a un provvedimento di fermo nel 2016 - Nel luglio 2016, Pesce si era sottratto a un provvedimento di fermo emesso dalla Dda nell'ambito dell'operazione “Vulcano”, condotta dalla Guardia di finanza. I finanzieri avevano scoperto un nuovo modo di importazione della cocaina dal Sudamerica: la droga veniva scaricata in mare aperto da una cargoship ad imbarcazioni più piccole. Durante le indagini, era emerso che l’organizzazione (gestita dalle cosche di ‘ndrangheta Molè, Piromalli, Alvaro e Crea) era riuscita ad assoldare il comandante della nave “Msc Poh Lin”, appartenente alla compagnia marittima Msc: l’imbarcazione effettua la tratta “California Express” approdando nei porti panamensi di Balboa e Cristobal che, secondo gli investigatori, rappresentano i principali centri di smistamento internazionale della cocaina. In quell’occasione la nave era stata messa sotto sequestro all'arrivo nel porto di Gioia Tauro e, durante i controlli sui 1.500 container che trasportava, i finanzieri avevano trovato 83 chili di cocaina.

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