Secondo il magistrato "non c'erano le prove" per condannare i 12 imputati della morte di Stefano. La famiglia annuncia un'azione legale contro il ministero della Giustizia. La sorella: "Devono uccidermi per fermarmi". Il papà: "Vogliamo la verità". VIDEO
Fa ancora discutere la sentenza di assoluzione in Appello dei 12 imputati per la morte di Stefano Cucchi, avvenuta il 22 ottobre del 2009 durante la custodia cautelare all'ospedale Pertini di Roma. Da una parte la famiglia, che annuncia un'azione legale contro il ministero della Giustizia, dall'altra il presidente della Corte d'Appello che dice "no alla gogna mediatica" e ribadisce: "Non c'erano prove".
Ilaria Cucchi: "Non è finita qui" - "Non ce l'ho con i giudici - fa sapere la sorella di Stefano, Ilaria Cucchi, all'indomani della sentenza - ma adesso, da cittadina comune, mi aspetto il passo successivo e cioè ulteriori indagini, cosa che chiederò al procuratore capo Pignatone". E aggiunge: "Mi sono svegliata con l'idea che in realtà abbiamo vinto. L'assoluzione per insufficienza di prove non è il fallimento mio o del mio avvocato, ma il fallimento della Procura di Roma".
"Noi andremo avanti in ogni maniera possibile. Andremo in Cassazione e di fronte alla Corte Europea - continua Ilaria Cucchi - non è finita qui, devono uccidermi per fermarmi"."Mio fratello - sono le parole di Ilaria - è morto mentre era sotto la custodia dello Stato e nessuno è in grado di assicurare alla giustizia i colpevoli. Una cosa è certa: mio fratello stava bene il pestaggio c'è stato".
All'indomani della sentenza, parla, ai microfoni di Sky TG24, anche il papà di Stefano: "Non vogliamo crocifiggere nessuno, ma vogliamo sapere la verità".
Il legale della famiglia: "Causa contro ministero Giustizia" - E il legale della famiglia Fabio Anselmo annuncia l'intenzione di procedere anche con una causa nei confronti del ministero della Giustizia: "Intraprenderemo anche un'azione legale nei confronti del ministero affinché si possa riconoscerne la responsabilità rispetto alla morte di Stefano".
Panzani: "No a gogna mediatica" - Parla di triste vicenda il presidente della Corte d'Appello di Roma, Luciano Panzani, che però invita a evitare la "gogna mediatica" o qualunque "invito a 'far pagare i magistrati per i loro errori' se non vogliamo rischiare di perdere molto più di quanto già si sia perso". E precisa: "Posso comprendere che sentenze contrastanti in primo grado e in appello suscitino sconcerto, ma questo sovente succede nei casi difficili, dove la prova è indiziaria e proprio per questa ragione esistono l'appello e il ricorso in Cassazione".
Il Coisp: "Cercare in famiglia ragioni di certe sciagure" - Intanto, da parte del sindacato di polizia Coisp arriva un nuovo duro commento, sulla falsariga di quello diffuso venerdì dal Sap. "Se si vogliono sondare le ragioni di certe sciagure - scrive il Coisp - si guardi prima di tutto altrove, magari in famiglia". Mentre il sindaco di Roma, Ignazio Marino, conferma che il Campidoglio è al lavoro per intitolare una strada o una piazza a Stefano Cucchi, decisione che ieri era stata osteggiata dal Sap.
Cinque anni di inchieste, processi e perizie - La sentenza con la quale i giudici d'appello hanno 'certificato' l'assoluzione di chi era stato accusato di avere una responsabilità nella morte di Stefano Cucchi, costituisce l'ultimo tassello di una storia iniziata nel 2009, quando il giovane geometra romano fu arrestato per droga. Una storia giunta oggi ad un'assoluzione in appello che ha ribaltato il giudizio di primo grado che aveva registrato la condanna di cinque dei sei medici imputati.
Ilaria Cucchi: "Non è finita qui" - "Non ce l'ho con i giudici - fa sapere la sorella di Stefano, Ilaria Cucchi, all'indomani della sentenza - ma adesso, da cittadina comune, mi aspetto il passo successivo e cioè ulteriori indagini, cosa che chiederò al procuratore capo Pignatone". E aggiunge: "Mi sono svegliata con l'idea che in realtà abbiamo vinto. L'assoluzione per insufficienza di prove non è il fallimento mio o del mio avvocato, ma il fallimento della Procura di Roma".
"Noi andremo avanti in ogni maniera possibile. Andremo in Cassazione e di fronte alla Corte Europea - continua Ilaria Cucchi - non è finita qui, devono uccidermi per fermarmi"."Mio fratello - sono le parole di Ilaria - è morto mentre era sotto la custodia dello Stato e nessuno è in grado di assicurare alla giustizia i colpevoli. Una cosa è certa: mio fratello stava bene il pestaggio c'è stato".
All'indomani della sentenza, parla, ai microfoni di Sky TG24, anche il papà di Stefano: "Non vogliamo crocifiggere nessuno, ma vogliamo sapere la verità".
Il legale della famiglia: "Causa contro ministero Giustizia" - E il legale della famiglia Fabio Anselmo annuncia l'intenzione di procedere anche con una causa nei confronti del ministero della Giustizia: "Intraprenderemo anche un'azione legale nei confronti del ministero affinché si possa riconoscerne la responsabilità rispetto alla morte di Stefano".
Panzani: "No a gogna mediatica" - Parla di triste vicenda il presidente della Corte d'Appello di Roma, Luciano Panzani, che però invita a evitare la "gogna mediatica" o qualunque "invito a 'far pagare i magistrati per i loro errori' se non vogliamo rischiare di perdere molto più di quanto già si sia perso". E precisa: "Posso comprendere che sentenze contrastanti in primo grado e in appello suscitino sconcerto, ma questo sovente succede nei casi difficili, dove la prova è indiziaria e proprio per questa ragione esistono l'appello e il ricorso in Cassazione".
Il Coisp: "Cercare in famiglia ragioni di certe sciagure" - Intanto, da parte del sindacato di polizia Coisp arriva un nuovo duro commento, sulla falsariga di quello diffuso venerdì dal Sap. "Se si vogliono sondare le ragioni di certe sciagure - scrive il Coisp - si guardi prima di tutto altrove, magari in famiglia". Mentre il sindaco di Roma, Ignazio Marino, conferma che il Campidoglio è al lavoro per intitolare una strada o una piazza a Stefano Cucchi, decisione che ieri era stata osteggiata dal Sap.
Cinque anni di inchieste, processi e perizie - La sentenza con la quale i giudici d'appello hanno 'certificato' l'assoluzione di chi era stato accusato di avere una responsabilità nella morte di Stefano Cucchi, costituisce l'ultimo tassello di una storia iniziata nel 2009, quando il giovane geometra romano fu arrestato per droga. Una storia giunta oggi ad un'assoluzione in appello che ha ribaltato il giudizio di primo grado che aveva registrato la condanna di cinque dei sei medici imputati.