Camorra, 2 arresti: imponevano ai negozianti anche il caffé

Cronaca

In manette esponenti di spicco del clan Mallardo che gestivano varie attività, tra cui alcuni insediamenti turistici. Per gli inquirenti costringevano inoltre gli esercizi commerciali ad utilizzare il caffé Seddio. Sequestrati beni per 71 milioni di euro

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Due esponenti di spicco del clan Mallardo, padre e figlio, sono stati arrestati nel napoletano in un'operazione della Guardia di finanza in cui sono stati sequestrati anche beni per 71 milioni di euro. Gli arrestati, spiegano gli inquirenti, sono considerati i gestori di attività e beni del clan - attivo nel territorio di Giugliano in Campania e nel Sud pontino - che imponeva, tra le altre cose, anche forniture di calcestruzzo e gestiva insediamenti turistico-alberghieri. La Dda di Napoli contesta i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso ed estorsione aggravata. In manette sono finiti il commercialista del clan, Alfredo Aprovitola e il padre Domenico, soprannominato "il collocatore" perché in passato ha ricoperto il ruolo di funzionario dell'ufficio provinciale di collocamento.

I magistrati: "Imponevano anche il caffè" -
Il clan Mallardo - scrive il facente funzioni di procuratore della Repubblica di Napoli Alessandro Pennasilico - imponeva agli esercizi commerciali il caffè "Seddio": la ditta che lo produce, infatti, è intestata ai D'Alterio, nipoti del capo clan Feliciano Mallardo. Sarebbe stato accertato anche che il commercialista Alfredo Aprovitola, titolare, di fatto, di numerosi negozi, aiutava il clan ad imporre la fornitura di caffè "Seddio", per fare gli interessi del clan.

Il clan Mallardo e le infiltrazioni nel tessuto economico -
I Mallardo, la cui organizzazione interna è molto simile a quella delle cosche mafiose, da anni hanno messo in atto una strategia di infiltrazione nel tessuto economico, amministrativo e politico giuglianese finalizzata al controllo di tutti gli aspetti della vita sociale. Attraverso gli Aprovitola, ingenti somme provento delle attività illecite del clan confluivano nelle aziende gestite dai due "colletti bianchi" ma intestate a prestanome. Accertato anche la riconducibilità ai Mallardo - attraverso gli Aprovitola - della ditta di calcestruzzi "Tecnocem". Ricostruito dagli inquirenti il patrimonio immobiliare dei Mallardo di cui fanno parte hotel e bar, per circa cento unità immobiliari.

Con sentenza dell’8 febbraio 2023, la Suprema Corte di Cassazione, seconda sezione penale, ha assolto in via definitiva il Sig. Alfredo Aprovitola dal reato a lui ascritto.

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