I giudici: "Berlusconi sapeva che erano escort"

Cronaca

Lo scrive il Riesame nell’ordinanza con cui ha disposto la scarcerazione di Tarantini. “La sua condotta è stata indotta dalla promessa del premier di farsi carico della sua situazione economica”. Confermato invece il mandato d’arresto per Lavitola

Guarda anche:
Le fotogallery su Woodcock - Tarantini che esce dal carcere - Giampi e la moglie
Berlusconi e le donne: da Noemi a Patrizia D'Addario
Il memoriale di Berlusconi: "Da Tarantini lettere accorate"

(in fondo all'articolo tutti i video sull'inchiesta)

Il fiume di denaro comincia a inondare Tarantini quando, nel 2009, la procura di Bari lo iscrive nel registro degli indagati per la vicenda delle escort.
Via via che l'inchiesta prosegue, ed emergono particolari imbarazzanti sul conto del presidente del Consiglio, al denaro si aggiungono altri benefit: gli onorari degli avvocati, l'affitto della casa romana, un lavoro 'fittizio', quindi il pagamento di 500.000 euro (finiti in gran parte nelle tasche di Lavitola) per "avviare un'attività imprenditoriale". In trenta pagine, i giudici del Riesame danno la nuova lettura della vicenda Berlusconi-Tarantini-Lavitola, con l'imprenditore pugliese che ha tenuto una condotta "non punibile" e il giornalista e il premier che concorrono nel reato di induzione a mentire. Berlusconi, in particolare, 'sapeva' che le ragazze portategli a casa da Gianpi erano prostitute.

Secondo il Riesame (tre donne: presidente Angela Paolelli, giudici Rossella Marro e Barbara Mendia) la condotta di Tarantini fu indotta dal presidente del Consiglio. Scrivono: "la condotta processuale fin dall'origine assunta da Tarantini volta a tenere il più possibile indenne Berlusconi dai verosimili danni alla sua immagine pubblica derivanti dalla divulgazione dei risvolti più sconvenienti del processo pendente presso l'autorità giudiziaria barese è stata indotta dalla promessa da parte del premier di farsi carico, dal punto di vista economico in senso lato, della situazione di Tarantini".

I giudici rilevano come non sia credibile la spiegazione fornita sia dal premier sia dall'imprenditore su tutti quei soldi: "E' di tutta evidenza che, in base alla comune esperienza, l'aiuto ad un amico in difficoltà non si concretizza con modalità non trasparenti come quelle utilizzate in ogni occasione da Berlusconi... le modalità ed i tempi di consegna del danaro venivano quasi sempre concordati telefonicamente in maniera 'cifrata' (il riferimento è alle 'foto', il termine con cui Lavitola chiamava il denaro, e non solo .ndr), proprio al fine di impedire che si potesse ricostruire, attraverso l'eventuale ascolto delle conversazioni, l'avvenuto accordo sulla dazione del danaro".

I giudici si soffermano anche su un altro aspetto: "Non può in alcun modo ritenersi credibile che, se Berlusconi avesse inteso semplicemente 'sostenere' economicamente la famiglia Tarantini, avrebbe poi mostrato evidente insofferenza - soprattutto negli ultimi tempi - proprio alle persone che gli manifestavano le esigenze degli stessi" (questa volta il riferimento del Tribunale è alle dichiarazioni della segretaria personale di Berlusconi, Marinella Brambilla, e del maggiordomo, Alfredo Pezzotti).

Ma dai magistrati del Riesame arriva anche un'altra indicazione che, nel caso in cui fosse recepita dalla procura competente a indagare, potrebbe avere delle conseguenze sulla posizione processuale di Silvio Berlusconi: il premier sapeva che le donne che Gianpi gli portava a casa erano escort. Il collegio fa riferimento ad alcune conversazioni tra l'imprenditore e Patrizia D'Addario dalle quali emerge che, a differenza di quanto le aveva anticipato Gianpi in una precedente telefonata, la donna, pur avendo trascorso la notte in compagnia del presidente Berlusconi, non aveva ricevuto alcuna busta, ma soltanto la promessa di un suo interessamento affinche' fosse sbloccata la situazione amministrativa di un cantiere ove la stessa stava realizzando opere edilizie.

Queste conversazioni, per i giudici, sono "emblematiche della reticenza delle dichiarazioni di Tarantini in ordine alla piena e indiscutibile consapevolezza da parte del presidente del Consiglio della qualità di escort delle ragazze presentategli dall'imprenditore barese. Nell'apprendere che la D'Addario non aveva ricevuto alcun compenso in denaro per la prestazione sessuale resa - si legge nell'ordinanza - Tarantini si mostrava quanto mai stupito". In un successivo passaggio l'imprenditore, "nello spiegare le ragioni del proprio disappunto, evidenziava oltre ogni ragionevole dubbio - secondo quanto sostiene il Riesame - la piena consapevolezza da parte del premier della reale natura delle prestazioni che gli venivano offerte dalla stragrande maggioranza delle ospiti delle sue serate".

I giudici citano a questo punto un passaggio della telefonata intercorsa tra Tarantini e la D'Addario: "Mi dispiace che non hai preso niente, pero' guarda, e' la prima volta che succede, io avro' portato cento donne".

Cronaca: i più letti

[an error occurred while processing this directive]