Il ministro dell’Economia avrebbe smentito davanti al capo procuratore di Roma le frasi a lui attribuite in un’intervista al quotidiano Repubblica. Ma il giornale conferma e sottolinea: "E’ stato lui a insistere affinché venissero pubblicate"
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"Una forzatura giornalistica, mai detto quelle parole". Il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, ha spiegato così al procuratore capo di Roma, Giovanni Ferrara, quanto scritto dal quotidiano La Repubblica circa una presunta attività di spionaggio nei suoi confronti. Il numero uno di via XX settembre, ascoltato come testimone il 29 luglio scorso a Piazzale Clodio, ha precisato agli inquirenti romani che "quanto riportato nell'intervista non corrisponde al vero".
"Le dichiarazioni rilasciate al quotidiano - avrebbe precisato Tremonti in un colloquio durato circa mezz'ora - vertevano principalmente su temi economici e in particolare sulla questione del pareggio di bilancio". Nell'intervista il ministro affermava di essersi sentito in passato "spiato, controllato e a volte pedinato". Parole dette in riferimento della sua decisione di non soggiornare più nella caserma della Guardia di Finanza in favore dell'abitazione di 200 metri quadri in via del Campo Marzio, nel centro di Roma, affittata dall'ex braccio destro Marco Milanese e per la quale sarebbe stato pagato un affitto di 8.500 euro mensili.
In ogni caso il quotidiano La Repubblica, sul quale erano comparse le affermazioni del ministro durante un colloquio con il vicedirettore Massimo Giannini, conferma la prima versione e “sottolinea che è stato anzi lo stesso ministro ad insistere affinché quelle frasi, che non sono state sinora smentite, fossero pubblicate sul giornale”.
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