Sotto il tutù il pericolo anoressia: la verità sulla danza

Cronaca
Mariafrancesca Garritano. Foto: Daniela Rende
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“A volte si entra in competizione anche sul quantitativo di cibo. E vince chi mangia meno”. L'intervista a Mariafrancesca Garritano, ballerina della Scala, autrice di un libro in cui svela tutte le insidie che si nascondono dentro le scarpette da punta

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di Chiara Ribichini

“Due fette biscottate a colazione, uno yogurt a pranzo e una mela a cena. Oggi sono riuscita a mangiare solo questo. Sono fiera di me”. Sono discorsi da ballerine. Parole che spesso risuonano con tutta la loro durezza e follia dietro le quinte e nei camerini. Perché i disturbi alimentari, che secondo i dati appena pubblicati dall'Aba colpiscono oggi oltre tre milioni di persone in Italia e che negli ultimi anni si stanno diffondendo sempre di più tra gli adulti, entrano anche nelle sale di danza. Una realtà che si tende a nascondere per non rompere quell’incantesimo, quell’atmosfera fatata che accompagna da sempre un balletto.
Coroncine che brillano tra i capelli, paillettes, corpi che volano leggeri ed eterei insieme con il tulle dei tutù. Ma “non è tutto oro quello che luccica”, come svela nel libro “La verità, vi prego, sulla danza!” (pubblicato da Edizioni Italia Press) Mariafrancesca Garritano, danzatrice del Teatro alla Scala di Milano. Un testo-riflessione che accende per la prima volta i riflettori non sul palcoscenico, ma su ciò che accade dietro le quinte. “Quando si vedono le ballerine in scena, perfettamente pettinate e ben vestite, eteree nei loro tutù, nessuno immagina che dietro possano esserci storie di corruzione, di minacce e di compromessi per mantenere il proprio posto sul palco”.

Incontriamo Mariafrancesca, in arte marygarret, nella Casa Armena di Milano, dove è stato presentato il suo primo libro. In fondo alla sala, insieme con le foto di Daniela Rende (GUARDA LE FOTO) che ripercorrono la carriera e la vita della danzatrice del Teatro alla Scala, sono appese tante scarpette da punta distrutte dal lavoro, da cui spuntano chiodi, catene, ma anche peperoncini e salami. Una provocazione? “Assolutamente sì. Non è un caso che nel buffet che abbiamo offerto in occasione della conferenza stampa ci fossero da un lato l’acqua e le gallette light, dall’altro il vino e tutti i prodotti tipici e supercalorici della mia terra: la Calabria”. Il rapporto di un danzatore con il cibo è infatti estremamente complicato. “Ci sono momenti della vita di un danzatore in cui si entra in competizione sul quantitativo di cibo che si mangia. E vince chi mangia meno. E’ incredibile e assurdo, ma è così. Si confonde il concetto di magrezza con la bravura”. Mariafrancesca non usa mai il termine anoressia, ma parla di rinuncia del cibo, di “un disagio” che si insinua nei piccoli danzatori e che, anche da adulti, “resta come un’ombra da cui è impossibile dividersi”.

Tutto parte dalla ricerca di un corpo magro e perfetto. “Lo specchio spesso ti mostra un’immagine che non rispecchia il tuo ideale, soprattutto in fase di crescita. E’ una cosa che fa parte della vita di tutti gli adolescenti, non solo dei ballerini. Certo chi, come noi o come le modelle, lavora con il proprio corpo è inevitabilmente più esposto ai disturbi alimentari”. E a volte accade che quando si diventa delle donne non si accetta il proprio seno. “Le ballerine sono delle eterne bambine”. Ma, assicura marygarret, “non c’è nessuno che ci toglie il piatto da davanti o che ci dice di non mangiare”. Sono gli aggettivi o le metafore che si usano nelle sale di danza che non aiutano. “Come, sei gonfio come un raviolo, sei pesante, sei molle come una mozzarella”. E i genitori, a volte, fanno il resto. “Ho avuto compagni che la domenica avevano il terrore di tornare a casa perché la mamma li rimproverava se mangiavano troppo. E ho visto colleghi costretti a lasciare nel momento in cui la malattia aveva preso il sopravvento”.

Mariafrancesca ha imparato a convivere con quel disagio e a mangiare il giusto per ottenere il miglior rendimento possibile dal suo fisico. Ma ha imparato anche a convivere con tutte le rinunce che la danza ti chiede. Alle punte e ai tutù ha dedicato la vita. “Quando avevo 11 anni è morta mia madre e mi sono ritrovata a vivere con papà. E con la sua nuova famiglia. Quando ho capito che per lui ero di troppo ho deciso di inseguire il mio sogno e a 16 anni sono partita per Milano dove sono entrata subito nella scuola del Teatro alla Scala e poi nel corpo di ballo”. Una fuga? “Sì, assolutamente sì”. La carriera di marygarret è fatta di tanti successi. Di prestigiosi premi internazionali ricevuti e di tanti ruoli da protagonista interpretati nel corso degli anni alla Scala e all'estero (leggi la biografia). Ma anche di una nomina mai arrivata. “Sono in causa con il Teatro” confessa. “Nel resto del mondo dopo due o tre ruoli importanti in automatico sei nella categoria superiore. Qui invece, in Italia, siamo in tanti ad aspettare da anni promozioni che non arrivano”. Ma sottolinea: “La mancanza di meritocrazia, che fa parte di molti ambienti lavorativi, è anche colpa di chi sottostà al sistema per paura di perdere il posto di lavoro o, nel caso della danza, il ruolo. Una ballerina, infatti, vive sulla scena. Si nutre di visibilità”.

Paura di ritorsioni per quanto denunciato nel libro? “No, ma può darsi che ci siano. Anche se io non parlo del mio teatro ma del mondo della danza. E scrivo la verità, dimenticando per una volta, la finzione”. Quando parla, Mariafrancesca non nasconde la sua fragilità e sensibilità. E, a volte, arrossisce. Eppure è un animale da palcoscenico. Sulla scena è capace di controllare l’ansia, l’emozione, ogni tremolio delle gambe. “Investiamo tutte le nostre energie nel far crescere l’artista che è in noi, trascurando l’essere umano. Siamo come belve cresciute in cattività che, lasciate libere nella foresta, si perdono perché non hanno più punti di riferimento”.

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