L’Aquila, i vicoli e i ricordi sono custoditi in Rete

Cronaca
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Le piazze vuote e le case puntellate lasciano spazio alle bancarelle del mercato e al bar Duomo. I bambini raccontano la lunga notte del 6 aprile mentre riprendono a giocare sotto casa. Perché L’Aquila, "così era e così dovrà tornare"

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di Pamela Foti

Francesco cammina per i vicoli della sua città. Deserta. L’allarme di una banca, puntellata come tutte le altre case, inizia a suonare e rompe il silenzio spettrale. Lui non potrebbe stare lì, l’accesso al centro storico è ancora vietato. E spiega il perché: "Se arrivasse qualcuno di sicuro mi urlerebbe 'Che ci fai qua? Che stai facendo? Come ti permetti di camminare in un posto dove hai vissuto per anni e nel quale non puoi più tornare'"?

Francesco è de L’Aquila. Da dopo il sisma non ha mai smesso di raccontare la sua terra, come era e come è diventata. “Ho avuto un mese di empasse, sia a livello emotivo, sia a livello logistico” ci dice. Poi, videocamera alla mano, ha iniziato a raccogliere frammenti della città e della vita degli aquilani e a condividerli in Rete.
YouTube e Facebook sono stati fondamentali – spiega - Avevamo bisogno di un’informazione da dentro, diversa da quella ufficiale. Certo, forse non proprio obiettiva, ma sicuramente più vicina alle nostre necessità e alle nostre emozioni. E poi, a dire il vero, in molti sono rimasti in tendopoli fino al 25 di novembre. Ma io questa cosa non l’ho sentita dire in giro”.
Dopo il 6 aprile 2009 sono nati siti creati da e per gli aquilani per aiutare i cittadini a fare ordine tra documenti e decreti; a questi si aggiungono quelli istituzionali, preziosi per trovare ordinanze e consultare verifiche di agibilità. Un ruolo di primo piano, poi, hanno avuto anche i quotidiani e i siti di informazione locale, i blog, che hanno dato una mano a farsi strada tra C.A.S.E, Map, Musb, e le associazioni no profit, vere e proprie reti cittadine come 3e32, che ha scelto come nome l’ora in cui la scossa ha squassato la terra.
Sono tanti gli abruzzesi che nell’ultimo anno hanno affidato alla Rete ricordi, dolore e speranze. Si sono riversati su Internet nelle ore che hanno preceduto il sisma , per capire se era davvero sicuro restare nelle proprie case. E al Web hanno fatto ritorno, prima per chiedere notizie sulle sorti di amici e vicini di casa che non riuscivano a contattare, poi per iniziare a ricostruire.

Nessuno vuole e può dimenticare, ma si ha voglia si ricominciare a di ridere, come dice uno dei piccoli protagonisti del documentario Riprendiamoci, realizzato dai bambini aquilani e presentato al Venice film meeting lo scorso settembre.
E si ha bisogno di prendersi un po' in giro e di scherzare sulle dicerie e i luoghi comuni nati dopo il sisma, proprio come fa il blog Dice che, che tra una risata e l’altra mette in evidenza i problemi reali della gente. “Dice che me rifiuto di chiamà Quattro Cantoni nu centro commerciale!” scrive il 20 aprile Mira. “Dice che…qualche giorno fa una signora di Roma mi ha detto che a L’Aquila hanno risistematu tuttu e che pure gli paesi stanno appostu perche alla tilivisiò hanno fatto vedere le ville di Onna. Gli sò respostu che me sò fattu nù giro colla machina a nù paese ecco vicinu e quanno m’hanno vistu arrivà se penzeano che finalmente erano arrivati i soccorsi!!!!!” commenta Nico il 5 maggio.

Un gruppo di giovani è persino riuscito a riportare a L’Aquila tutti i musicisti della zona che ora vivono tra la costa e la provincia e ne è nata la canzone, Domà, versione in aquilano di Domani, brano inciso dai big del panorama musicale italiano all'indomani del terremoto del 6 aprile. 

Dal gruppo su Faceboook "Quelli che a L'Aquila alle 3:32 non ridevano" ha preso il via il popolo delle carriole, nato dopo la pubblicazione delle intercettazioni tra due imprenditori che la notte del sisma sghignazzavano al pensiero degli affari che avrebbero concluso grazie agli appalti per la ricostruzioni. E’ bastato creare una semplice pagina su Facebook e dopo dieci mesi molti aquilani forzando la zona rossa del centro storico sono tornati in città. In questo modo molti italiani si sono resi conto che le strade de L’Aquila erano ancora invase dai calcinacci e che la ricostruzione non era ancora partita.
Un anno dopo il sisma, c’è chi non senza un pizzico di nostalgia rimpiange Ju bersagliere, il proprietario del negozio di intimo che ha vestito grandi e piccini de l’Aquila; chi festeggia la riapertura della cantina Ju boss, lo storico locale nel centro e che chi spera ancora di poter tornare a bere un cappuccino nel bar Duomo.

Oggi a L’Aquila qualcosa si muove. I bambini, che non hanno mai smesso di raccontare quella notte del 6 aprile 2009, ora possono tornare a correre tra le bancarelle del mercato stracolme di vestiti.

Perché L’Aquila, così era e così deve tornare, come recita l’appello di una delle ultime iniziative che invita tutti gli abruzzesi a mandare una cartolina del capoluogo devastato dal terremoto "a tutte le Segreterie di Partito Nazionale, ai Ministeri, al Comune Provincia e Regione con una frase... Così era, così dovrà tornare.... ma quando?".

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