Immigrati, pm: "Respingimento in Libia è una violenza"

Cronaca
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La procura di Siracusa dispone il processo per Rodolfo Ronconi, direttore di polizia per l'immigrazione, e Vincenzo Carrarini, generale della guardia di finanza. "Non hanno rispettato la normativa italiana sull'accoglienza". Respinsero 75 clandestini

Le leggi del nostro Paese valgono su tutto il suolo nazionale. Una nave della guardia di finanza è territorio italiano. Chi sale a bordo ha diritto all’applicazione delle norme sull’accoglienza. È con questa tesi che la procura della Repubblica di Siracusa ha disposto il processo, davanti al giudice monocratico, di Rodolfo Ronconi e Vincenzo Carrarini. Il direttore di polizia per l’immigrazione e il generale delle fiamme gialle dovranno rispondere di violenza privata in concorso. Sotto accusa il respingimento di 75 clandestini avvenuto nella notte tra il 30 e il 31 agosto del 2009. Gli extracomunitari, intercettati in acque internazionali, furono fatti salire sulla nave Denaro e ricondotti in Libia.

I due imputati avrebbero tenuto, secondo la procura, “una condotta violenta”: “Hanno riportato gli stranieri, alcuni minorenni, in territorio libico contro la loro palese volontà. Non sono stati neppure identificati”. Il reato sarebbe stato commesso dopo che gli immigrati furono fatti salire a bordo della nave della guardia di finanza. “Il comportamento nei loro confronti è stato in aperto contrasto con le norme di diritto interno e di diritto internazionale recepite nel nostro ordinamento – dice il procuratore capo Ugo Rossi –. Fu impedito loro di accedere alle procedure di tutela dei rifugiati e di avvalersi dei diritti riconosciuti agli immigrati”. La procura sottolinea: “L'imputazione non tocca la cosiddetta «politica dei respingimenti» né la legittimità in sé degli accordi sottoscritti tra l'Italia e la Libia. Riguarda il mancato rispetto della normativa italiana".

Roberto Maroni, ministro dell’Interno, ha telefonato al prefetto Ronconi per esprimergli “piena stima e vicinanza". Il capo della polizia, Antonio Manganelli, esprime “incondizionata fiducia nell'operato della magistratura" ma, aggiunge: “Ho l'assoluta convinzione che l'azione degli uffici del Dipartimento della pubblica sicurezza si è svolta nel pieno rispetto della normativa nazionale e delle convenzioni internazionali vigenti in materia”.

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