Via Poma, "Vanacore fu il primo a scoprire il cadavere"

Cronaca
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Lo sostiene il pubblico ministero che, nell'udienza in Corte d'Assise per il processo a carico di Raniero Busco, ha tirato in ballo l’ex portiere dello stabile di Simonetta Cesaroni, morto mercoledì. Il legale di Busco: "Perché non avvertì la polizia?"

Pietrino Vanacore, l'ex portiere di Via Poma che si è ucciso mercoledì scorso prima di presentarsi in Corte D' Assise a dover testimoniare sulla uccisione di  Simonetta Cesaroni, fu il primo a scoprire il cadavere. E' la convinzione del pubblico ministero Ilaria Calò che oggi, in udienza, ha proposto quella che per lei è la ricostruzione dei fatti relativi alla scoperta del corpo.

Secondo il magistrato Vanacore salì al secondo piano dove c'era l'ufficio dell' Associazione Ostelli della Gioventù”. La porta era socchiusa, entrò vide il corpo a terra. Ma non chiamò la polizia. Pensando ad "un incontro clandestino" chiamò Salvatore Volponi,  datore di lavoro della Cesaroni, Francesco Caracciolo, presidente  degli Ostelli della Gioventù e il direttore Corrado Carboni. Poi uscì e chiuse la porta servendosi della chiave di servizio che per  emergenza si trovava all' interno dell' ufficio. La chiave fu poi  sequestrata nella portineria.

Di questa circostanza si è parlato oggi quando a testimoniare è stato chiamato l'agente di polizia Ali Ben Musa, fu lui a redigere il verbale di sequestro delle chiavi che Giuseppa de Luca, portiera e moglie di Vanacore, con riluttanza consegnò poi alla polizia che cercava il modo di entrare nell'appartamento dove Vanacore, come ha ribadito il Pubblico Ministero, entrò prima che arrivassero alla ricerca di Simonetta la sorella di questa Paola, il suo fidanzato Antonello Barone nonché Salvatore Volponi e suo figlio  Luca.

Sulla circostanza l'agente di polizia è stato a lungo interrogato e ha ricostruito minuziosamente quali furono la sera del 7 agosto del 1990 le azioni compiute dagli investigatori. Secondo il  magistrato il fatto Vanacore fosse entrato per primo si desuma da un fatto ben preciso. E cioè che Vanacore lasciando l'ufficio dopo aver fatto tre telefonate si dimenticò un'agendina di colore rosso marcata “Lavazza”, agendina che erroneamente fu consegnata al padre della vittima Claudio Cesaroni nel momento in cui alla famiglia di Simonetta furono restituiti gli oggetti personali. Agenda che Claudio Cesaroni riconobbe non della figlia e che perciò restituì" alla polizia. 

Nell'udienza ha testimoniato anche un altro agente Danilo Gobbi, fu lui a fare accertamenti sul computer al quale lavorava Simonetta  Cesaroni. Ha confermato che nell'apparecchio erano stati inseriti dati fino alle 16,27. Poi erroneamente qualcuno lo spense all'1,26.

Le tappe della vicenda



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