Covid:i nodi Usca e vaccini, protesta Fem.In a Cosenza

Calabria
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Occupata simbolicamente dalle attiviste la sede delle Unità

(ANSA) - COSENZA, 08 MAR - Manifestazione di protesta del gruppo Fem.In cosentine in lotta, nella sede dell'Azienda sanitaria provinciale di Cosenza. Alla base della protesta del collettivo politico attuata in occasione dell'8 marzo, la mancanza di Unità speciali di continuità assistenziale in alcuni comuni. "È il caso di Cariati, - dicono le attiviste - di Castrovillari, dove l'Usca funziona a singhiozzo, ma soprattutto di Mendicino, dove di fatto non esiste. Secondo la normativa, infatti- proseguono dovrebbe esserci una struttura Usca ogni 50 mila abitanti, ma quella di Cosenza, in Via degli Stadi, serve una popolazione di 165 mila abitanti: più del triplo. Quel che è certo è che i calabresi e le calabresi non hanno avuto il piacere, per non dire il diritto, di ricevere adeguata assistenza domiciliare, né si è mai concretizzato un sistema di tracciamento consono e valido, motivo per cui ci siamo ritrovati più volte in zona rossa. Al contempo, abbiamo assistito alla grande passerella dell'ospedale da campo che ha ospitato solo 40 pazienti in tre mesi, al modico prezzo di 1 milione di euro".
    "Abbiamo deciso di esprimere il nostro dissenso - sostengono ancora le manifestanti - occupando simbolicamente la sede dell'Usca fantasma di Serra Spiga, travolta da uno scandalo nazionale e che ad oggi resta nelle condizioni in cui era stata impietosamente filmata a ottobre 2020. Un luogo fatiscente, che ospita inoltre uno dei tre centri sclerosi multipla in Italia nonché una tra le principali centrali del 118 i cui operatori sono costretti a turni in condizioni invivibili".
    Per le attivista di Fem.In Cosenza, "un'altra nota molto dolente è quella che riguarda la gestione dei vaccini. Siamo la penultima regione d'Italia per dosi somministrate e qualche giorno fa abbiamo assistito alla ancora irrisolta sparizione di circa 40 mila dosi, che sono state consegnate alla regione e mai somministrate. Sono esemplari, infatti, le scene penose di pochi giorni fa in alcuni paesi della provincia di Cosenza, dove 500 ultraottantenni, dopo essersi recati all'appuntamento, sono stati rimandati a casa senza essere ricalendarizzati, perché l'Asp ha detto di aver finito le dosi". (ANSA).
   

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