Società Botanica, "specialisti devono monitorare su ecosistema"
di Stefano Ambu
Sabbia e dune da salvare e da valorizzare. Oro bianco che può diventare impresa turistica che produce profitti e posti di lavoro. Ma a un patto: che gli specialisti entrino in spiaggia per valutare, con riscontri oggettivi, quanto e come si può intervenire su un ecosistema davanti al mare. È la posizione del consiglio direttivo della sezione sarda della Società Botanica Italiana. Il dibattito, che a livello nazionale è stato acceso dalle polemiche sul Jova beach, può essere utile per capire cosa fare quando l'impatto è determinato non necessariamente da migliaia di persone, ma anche solo da decine o centinaia di persone.
Il bivio è sempre quello: proteggere a oltranza o lasciare libertà d'azione alle imprese? La premessa, spiegano i botanici, è una. Molte pubblicazioni scientifiche documentano il declino degli ecosistemi costieri parallelamente all'incremento della pressione turistica sui litorali e il rischio riguarda ormai l'80% dei sistemi sabbiosi. Ma da qui a vietare tutto ce ne passa: "A parte poche eccezioni relative ad attività intrinsecamente negative (ad esempio lo sversamento di liquidi inquinanti nel suolo o nelle acque )- spiegano gli specialisti - le attività turistiche e ricreative che generalmente vanno ad insistere sui sistemi costieri non sono intrinsecamente incompatibili con la gestione sostenibile della biodiversità e del capitale naturale dei nostri ecosistemi. Dipende soprattutto da quante attività insistono su un certo ecosistema, dove sono localizzate, quanto carico di utenza portano, ecc., quindi in sintesi la sostenibilità dipende soprattutto da come queste attività vengono gestite". E bisogna fare attenzione: "Attualmente - continuano i botanici - nella percezione collettiva, una distesa di sabbia bianca priva di plastica, ma anche priva di piante e di depositi di Posidonia, è una spiaggia in salute: in realtà lo stato di salute di un sistema dunale si valuta su un insieme variegato di indicatori, biotici e abiotici, che sono misurabili e quantificabili solo da tecnici specializzati, ad iniziare dai laureati nelle discipline delle scienze naturali e ambientali". Bisogna valutare tante cose: la pulizia meccanica degli arenili, l'apertura di strade e parcheggi, l'inquinamento acustico e luminoso (dannoso soprattutto per la fauna), l'introduzione di piante ornamentali esotiche (talvolta invasive).
"Per trovare una via d'uscita a questo dibattito - insistono gli esperti - non c'è alternativa che quella di rivolgersi agli specialisti. La compatibilità di una determinata attività economica, sia essa occasionale, temporanea, stagionale o continuativa, va determinata su basi oggettive (quindi sulla base di dati scientifici) da organismi terzi rispetto a chi tutela l'interesse collettivo e a chi tutela l'interesse del privato cittadino o dell'impresa". Doppio appello. La sezione sarda della Società Botanica Italiana invita anche le associazioni ambientaliste al dibattito costruttivo. E chiede ai Comuni, alle Province e alla Regione di avviare piani pluriennali di monitoraggio ambientale in tutti i sistemi dunali sardi, anche quelli urbani e quelli non inclusi nella Rete Natura 2000, coinvolgendo gli enti di ricerca, le società scientifiche e soprattutto i giovani laureati.