Uccise la moglie strangolandola, confermati 30 anni

Sardegna
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Sentenza in Corte d'assise di appello a Sassari

DI GIAN MARIO SIAS

"La Rete delle donne sarà risarcita, questo significa che di quel femminicidio sono vittime tutte le donne". Gavinuccia Arca, avvocata dell'associazione algherese che promuove diritti di genere e pari opportunità, è commossa. La legale attribuisce un alto valore simbolico alla condanna inflitta oggi dalla Corte d'assise d'appello di Sassari a Marcello Tilloca, colpevole e reo confesso - ma mai pentito - dell'omicidio di Michela Fiori, sua ex moglie, strangolata il 23 dicembre 2018 nella casa della donna, ad Alghero. La Corte presieduta da Maria Teresa Lupinu, a latere Marina Capitta, ha confermato la sentenza di primo grado a 30 anni di reclusione - all'epoca l'imputato beneficiò dello sconto di un terzo della pena perché giudicato con il rito abbreviato - oltre al risarcimento per madre, fratello e nonna della vittima: 100mila euro a testa per Giuseppina Grasso, rappresentata dall'avvocata Lisa Udassi, Luca Fiori, costituitosi con l'avvocato Marco Manca, e Maria Lucia Caneo, assistita dall'avvocata Daniela Pinna Vistoso. Quanto alla Rete delle Donne, la cifra sarà decisa in sede civile.

Difeso dall'avvocato Maurizio Serra, Tilloca ha assistito al pronunciamento della sentenza in collegamento video dal carcere di Sassari. Si è seduto, si è alzato quando la presidente l'ha chiamato, si è seduto ancora e infine si è alzato per il verdetto. È l'unico dettaglio da cui, forse, traspare un minimo di agitazione. Nascosto dalla mascherina e zitto per tutto il tempo, neanche oggi l'imputato ha manifestato quel pentimento mai professato. Interrogatori, deposizioni, lettere ai media: l'uxoricida ha sempre scaricato la colpa sulla vittima, accusata per averlo tradito, per averlo lasciato, per essersi rifatta una vita. Ma due gradi di giudizio confermano che niente giustifica il delitto che ha commesso. Il 23 dicembre 2018 Marcello Tilloca accompagnò i figli alla partita di calcio, tornò nell'appartamento di via Vittorio Veneto in cui vivevano con la madre e la strangolò fino a soffocarla.

Tornò a prendere i figli e li portò dalla sorella per pranzo. Nel pomeriggio andò ancora nell'appartamento, camminò per strada e tornò in via Vittorio Veneto in attesa di un avvocato contattato per telefono. Sul posto arrivarono anche i carabinieri, che l'arrestarono. La notizia sconvolse la città, oltre alla famiglia devastata dal dolore e ai due figli rimasti improvvisamente senza madre e senza padre. Affidati alla nonna materna, oggi vivono lontano da Alghero, cercano fuori dall'isola quella serenità che gli è stata sottratta traumaticamente. Il giorno di Natale di due anni fa gli algheresi lasciarono il pranzo e nel primo pomeriggio si misero in marcia, in corteo da Porta Terra a casa di Michela. La sua morte fu una ferita per tutta la città, che oggi era presente in Corte d'appello e ha accolto la sentenza con un lungo applauso partito dalla Rete delle donne. "Noi uomini - dice Giuseppe Fiori, zio di Michela - dobbiamo far funzionare la testa, sempre: queste cose non devono ma più succedere".

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