Raffaele, io infermiere in guerra come mio nonno

Sardegna

Da Oristano a Rovereto, "lui allora lì in trincea, io in corsia"

DI MARIA GRAZIA MARILOTTI

"Lavorare nelle zone rosse per l' emergenza Covid-19 è stata un'esperienza di vita professionale e umana che non dimenticherò mai". Raffaele Frau, 51 anni, di Cuglieri, infermiere nel reparto di Chirurgia-Urologia del San Martino di Oristano, ha risposto subito alla chiamata della Protezione Civile. "Ci siamo trovati a Roma da tutta Italia, è stato un momento toccante - racconta all'ANSA - siamo stati assegnati a una di quelle regioni a più ad alta incidenza. Con un aereo militare sono giunto alla mia destinazione, il Trentino Alto Adige. Il primo pensiero è stato quello di poter dare il cambio ai nostri colleghi stremati da turni massacranti a causa dell'organico ridotto per il personale in malattia risultato positivo al Coronavirus".

"Il caso, curiosamente - segnala Raffaele - mi ha assegnato nello stesso luogo, Rovereto, dove mio nonno materno, Efisio, di Cuglieri, aveva combattuto nella prima guerra mondiale con la Brigata Sassari. Vedere gli stessi luoghi, le stesse montagne, mi ha dato una grande emozione. Ho sentito una vicinanza con nonno Efisio, lui nel fango di una trincea, io nella drammaticità di una corsia speciale di un ospedale, bardato di tutto punto tra maschere, tute di protezione e un lavoro da svolgere con grande attenzione e senso di responsabilità". La sua storia arriva nel giorno della Giornata internazionale dell'infermiere. "Quotidianamente - spiega - ci sono situazioni nuove da gestire: il dolore, la sofferenza sono nell'aria. A Oristano - sottolinea - il livello di rischio non è minimamente paragonabile a quello del nord Italia. I numeri parlano chiaro".

È da 21 giorni che Raffaele è a Rovereto. Tra i momenti più toccanti in corsia, ci sono per lui le telefonate tra un padre e una figlia, di una sorella e un fratello. "Siamo noi a mettere in collegamento telefonico i pazienti con i parenti che non possono venire a trovarli - dice - sono momenti delicati, ogni volta è una stretta al cuore". Fa una pausa, poi prosegue. "Sono stato accolto come mai avrei immaginato. Con i colleghi sia di Rovereto che di altre parti d' Italia abbiamo affrontato e condiviso esperienze drammatiche, si sono creati legami forti. Nel nostro lavoro capita di frequente di sentire così vicine le vicende umane. Ma mai come ora ho sentito che gli infermieri quando sono uniti sono davvero una forza".

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