Nell'ipotesi più ottimistica -9,6%. "Regione programmi Fase 2"
A causa dell'emergenza Coronavirus e il conseguente lockdown, il Pil della Sardegna potrebbe crollare del 9,6%, contro il 9,1 del Pil nazionale, o addirittura del 15% nello scenario peggiore. Questo significa che l'economia sarda nel 2020 rischia di vedere andare in fumo come minimo 3 miliardi di euro (4,4 miliardi nel caso del protrarsi delle restrizioni fino a giugno). Lo rileva l'ufficio studi della Cna sarda che ricorda come l'Isola sia "tra le economie regionali più vulnerabili in ragione dell'alta incidenza del settore turistico, l'elevata quota dei lavoratori precari, una maggiore esposizione al rischio liquidità per le imprese, un settore delle costruzioni più vulnerabile, l'altissima quota di export del settore petrolifero".
"La maggior parte dei lavoratori attualmente bloccati in Sardegna è composta da dipendenti con contratti a termine o partite iva senza dipendenti (la componente più fragile e più esposta al rischio di perdita del lavoro o disagio economico - spiga il report dell'organizzazione artigiana - Nell'isola si registra la quota più elevata tra le regioni italiane di crediti deteriorati gestiti dalle banche regionali (il 29,4%, contro una media nazionale del 18% e del 24% al Sud): si rischia una più preoccupante restrizione del mercato del credito". Inoltre ci sono ulteriori fattori di debolezza rappresentanti, secondo la Cna, "dall'elevata vulnerabilità del mercato delle costruzioni e dall'export regionale rappresentato per oltre l'80% da prodotti petroliferi raffinati che subiranno un tracollo".
"La Giunta regionale riprogrammi con urgenza le coordinate entro cui collocare lo sforzo per l'uscita dall'emergenza sanitaria e l'avvio della fase due della ripartenza dell'economia - commentano Pierpaolo Piras e Francesco Porcu presidente e segretario regionale Cna -.. Per far questo occorre mettere in campo tutte le energie e gli sforzi necessari per avviare la ricostruzione economica, attraverso una cabina di regia partecipata dalle istituzioni regionali, locali e dalle forze sociali".
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