Pamuk e la ricerca dell'identità perduta

Sardegna
@ANSA

Esperte, attaccamento viscerale a Instabul ispira le sue opere

Istanbul, la grande metropoli turca con le sue stratificazioni storiche e l'incrociarsi delle due culture, quella occidentale e quella orientale, è stata linfa vitale per il romanziere turco Orhan Pamuk, premio Nobel per la letteratura nel 2006. L'intima relazione tra la città d'origine e le opere dello scrittore è stata scandagliata a Nuoro, in occasione del convegno "Il Nobel incontra i Nobel, da Tina Maraucci, turcologa dell'Università di Firenze, e Elena Furlanetto, docente dell'Ateneo di Duisburg-Essen, nella sessione dedicata a Pamuk e coordinata dalla giornalista turca Esma Cakir, già direttrice della stampa italiana all'estero.

"Tutta la poetica di Pamuk risente del suo attaccamento viscerale alla città di Istanbul - spiega la professoressa Maraucci - Nasce e cresce nel 'palazzo Pamuk', nel quartiere moderno alto-borghese di Istanbul dove vive il suo nucleo familiare, in particolare la nonna, testimone del crollo dell'impero ottomano, e successivamente della città pre-repubblicana cosmopolita, fino all'epoca repubblicana e nazionalista, che ha conosciuto lui stesso. In questo contesto Pamuk si forma e tutta la sua opera sarà una ricerca di una Istanbul autentica che inglobi la ricchezza della storia passata che lui vive come una perdita".

Un esempio illuminate si trova nel romanzo "Il libro nero". "Qui Pamuk elabora una critica nei confronti del neocolonialismo occidentale e prova nostalgia per il periodo imperiale, tramite un immaginario legato alla dissociazione personale, alla perdita del sé - racconta Elena Furlanetto - Le identità e gli spazi ambigui contenuti nel libro sono strumenti per dialogare sugli spettri del passato imperiale, ma soprattutto del presente postcoloniale della Turchia, una dimensione talora denunciata, talora negata tanto nel discorso accademico quanto in quello mediatico".
   

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