Sentenza Sassari fa discutere. Difesa, lei vittima non carnefice
Per lei la pm aveva chiesto la derubricazione del reato in lesioni aggravate e una condanna a due anni. La gup del Tribunale di Sassari, Carmela Rita Serra, ha invece confermato l'accusa iniziale di tentato omicidio e le ha inflitto 3 anni e 4 mesi di reclusione. Una sentenza che fa già discutere quella emessa nei confronti di Michela Gioia, la donna di 53 anni di Sorso che il 23 settembre 2016 colpì il marito violento con un coltello a serramanico, al termine dell'ennesimo litigio. Sotto processo, dopo la riunificazione dei due procedimenti, è finito anche l'uomo, Giovanni Pulino, di 43 anni: la giudice lo ha condannato a 1 anno e 4 mesi per maltrattamenti in famiglia.
"Non capiamo questo verdetto, aspettiamo di conoscere le motivazioni, ma sicuramente presenteremo ricorso in appello. Michela Gioia è una vittima, non una carnefice", commenta l'avvocato difensore della donna, Carlo Pinna Parpaglia, che aveva chiesto per la sua assistita la legittima difesa o, in subordine, le lesioni aggravate, ricordando le continue violenze subite dall'imputata prima e dopo la separazione.
Il fatto risale a tre anni fa: al culmine di una violenta lite nell'appartamento della coppia, in via Umberto a Sorso, la donna impugnò un coltello a serramanico e colpì il marito al petto e alla schiena, mentre lui tentava di scappare. Giovanni Pulino era riuscito a raggiungere la caserma dei carabinieri, dove aveva chiesto aiuto ai militari. Era stato accompagnato all'ospedale e salvato con un intervento chirurgico.
Al momento della lite i due erano in fase di separazione: Pulino aveva lasciato la casa e si era trasferito dalla madre, ma non accettava l'addio della moglie, e per questo la perseguitava. Michela Gioia lo aveva querelato più volte e secondo la sua versione il giorno dell'accoltellamento l'uomo l'aveva minacciata di morte e aveva cercato di colpirla con la catena di una moto. Per difendersi lei aveva quindi impugnato il coltello, ferendolo in modo grave.