Sardegna ricorre contro Dl Sicurezza

Sardegna
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Pigliaru, nasce da presupposti errati e danneggia accoglienza

La Regione Sardegna presenta ricorso alla Corte Costituzionale contro il decreto Sicurezza, convertito in Legge n. 132. Lo ha deciso la Giunta approvando una delibera in cui si contesta la violazione di importanti precetti costituzionali e dello Statuto della Sardegna, rilevando al contempo la violazione di diritti dei cittadini, costituzionalmente riconosciuti.

"In stretto coordinamento con altre regioni italiane, rafforzati dal nostro Statuto di Autonomia - dichiara il governatore Francesco Pigliaru - abbiamo scelto la strada del ricorso. Il decreto Sicurezza nasce da presupposti errati e sta danneggiando seriamente un sistema di accoglienza dei richiedenti asilo faticosamente costruito in questi anni grazie alla proficua sinergia di Regione, Comuni e Prefetture. Restiamo dell'idea che sia possibile attuare un processo di inclusione e integrazione in modo equilibrato e in un quadro di regole che non sono certamente quelle imposte con il recente decreto.

La violazione della Costituzione parte, secondo la Regione sarda, dall'art. 28 che concerne attribuzioni di diretta spettanza regionale, poiché l'ordinamento degli enti locali è materia di competenza regionale esclusiva per la Regione Autonoma della Sardegna in virtù dell'art. 3, comma 1, lett. b), dello Statuto. Il Decreto, infatti, prevede poteri straordinari in capo al Prefetto, per il Commissariamento degli Enti Locali, "violando, quindi, gravemente l'Autonomia Regionale Sarda". Tali poteri risultano inoltre "avulsi dal contesto dello stesso Decreto Sicurezza, e generici nelle motivazioni".

Il ricorso evidenzia inoltre la "grave lesione dei diritti di autonomia, nello stabilire norme (art. 1,12 e 13 appunto) che, riformando i criteri della protezione umanitaria e delle conseguenti tutele legate all'assistenza, all'integrazione ed al riconoscimento anagrafico, violano gravemente diritti costituzionalmente garantiti dei cittadini stranieri, incidendo impropriamente nella normativa regionale legata in particolare all'assistenza, all'istruzione, al lavoro". Nello specifico, benché l'art. 117, comma 2, lett. b) e h), della Costituzione, ricomprenda la materia "immigrazione" e la materia "ordine pubblico e sicurezza" tra quelle assegnate alla competenza esclusiva dello Stato, la stessa Costituzione, all'art. 118, comma 3, riconosce esplicitamente l'esistenza di "un profondo legame fra queste materie e quelle di competenza concorrente, affidate (anche) alla cura delle Regioni", dove recita: "La legge statale disciplina forme di coordinamento fra Stato e Regioni nelle materie di cui alle lettere b) e h) del secondo comma dell'articolo 117 […]".

Nel caso della Regione Autonoma della Sardegna "sono coinvolte le competenze statutarie sia di tipo esclusivo ('polizia locale urbana e rurale' ex art. 3, comma 1 dello Statuto) che concorrente". L'assessore degli Affari generali Filippo Spanu, con delega ai flussi migratori, ribadisce che "la Sardegna sin dall'inizio si sta muovendo in raccordo con altre Regioni, Umbria, Toscana e Piemonte in primis, perché siamo convinti che il decreto poi diventato legge genera insicurezza e crea gravi problemi ai Comuni chiamati a gestire le conseguenze provocate dalla sua applicazione. La decisione - chiarisce - è in piena sintonia con i principi umanitari di accoglienza e solidarietà che la Sardegna ha sempre messo in pratica".

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