A Modena, è a casa e può tornare al lavoro
Un paziente testimone di Geova con una grave malattia ematologica, curato con tecniche 'bloodless' consentite dalla sua religione che rifiuta le trasfusioni di sangue. E' successo al policlinico di Modena, nel reparto di Ematologia dell'azienda ospedaliero universitaria diretto dal professor Mario Luppi. Il paziente, spiega una nota della congregazione, è affetto da una rara forma di malattia linfoproliferativa cronica, che aveva fatto crollare i suoi valori di emoglobina e piastrine a causa di una massiccia infiltrazione del midollo osseo.
Ora, dopo le terapie, "è a casa e perfino in grado di riprendere a lavorare; sa bene che la sua malattia non è stata ancora debellata, ma potrà continuare la sua battaglia con più serenità".
Al paziente è stata associata una terapia di supporto a quella cosiddetta 'standard' per questo tipo di malattia, rappresentata in prima battuta dalla chemioterapia. Dopo il ricovero, in piena pandemia, i medici gli hanno somministrato ferro, vitamina B12, acido folico e 30.000 Unità di EPO (eritropoietina), al giorno. Grazie a questo primo approccio i valori sono saliti ed è iniziata la chemio, in due cicli.
Durante il secondo, quando i valori sono di nuovo scesi, è stata applicata la terapia di supporto 'bloodless'. A distanza di due mesi dal trattamento, l'emoglobina è salita a un "valore di assoluta normalità". Il paziente, conclude la nota, "ha scoperto che in trincea con lui ci sono medici che, da veri professionisti, rispettano le sue scelte terapeutiche e sono pronti a collaborare per trovare sempre la soluzione migliore".