Fornasari: 'Serve coordinamento, come per i farmaci'
Il plasma è a tutti gli effetti un farmaco, la cui efficacia clinica nelle persone affette da Covid-19 è stata dimostrata in molti studi aneddotici. Occorre, però, conoscere di più sul suo ruolo e sapere quando utilizzarlo e su quali pazienti. Lo spiega all'ANSA il professor Pier Maria Fornasari, ex primario ora in pensione dell'ospedale Rizzoli di Bologna, dove ha diretto il servizio trasfusionale e la banca dell'osso.
Se nella prima fase della malattia, afferma Fornasari, il plasma iperimmune, cioè con gli anticorpi del virus, "può essere utile a scopo preventivo", più avanti, quando la situazione si aggrava, "potrebbe invece essere più indicato il plasma 'normale'". In ogni caso, sottolinea, "senza un coordinamento nazionale ed europeo, come sta avvenendo sui farmaci, rischiamo una dispersione di risorse".
Nella prima fase della malattia, "la fase viremica", per Fornasari, esperto di plasmaferesi, "andrebbe dato il plasma, in via preventiva, quando si vede un peggioramento, un'evoluzione verso la bronchite e poi la polmonite. Il plasma iperimmune, preventivamente, andrebbe riservato a quel 20% circa di pazienti ad evoluzione medio-grave". Ma più avanti, quando si scatena l'abnorme reazione infiammatoria, il virus è in una quantità ridotta e allora a quel punto "potrebbe non avere senso immettere anticorpi".
In questa fase di scompenso immunologico, potrebbe quindi non essere necessario il plasma iperimmune. Ma sarebbe utile capire il motivo per cui è stato comunque efficace su pazienti gravi. Per il medico, "certamente non per la presenza di anticorpi neutralizzanti".
E allora, guardando al quadro clinico e a quello che accade prima della 'tempesta citochinica', "si può notare un'analogia con una malattia rara, la porpora trombotica trombocitopenica che viene efficacemente curata con infusioni di plasma". La causa di questa malattia è la riduzione di un particolare enzima - Adamts13 - e, secondo Fornasari, quando si vedono risultati nell'utilizzo di plasma nella fase iperinfiammatoria di Covid "probabilmente è perché il plasma del donatore riporta in equilibrio i sistemi di bilanciamento attivazione-inibizione dei processi proteolitici ricostituendo i fattori carenti, come l'enzima Adamts13".
Di certo "dobbiamo ancora conoscere molto sul ruolo del plasma e del suo timing nel Covid-19 e perché questo accada è più che mai necessario un coordinamento italiano e internazionale, perché serve un trial unico. Ricordo che a livello di Commissione europea esistono già linee guida e una banca dati".