Fotografo, 'vivevo in alloggio accanto a fienile, ho perso tutto'
L'azienda agricola Le Bonheur di Fénis non era deserta la sera dell'incendio di domenica 21 agosto scorso, quando è andata a fuoco la stalla e le fiamme si sono propagate anche al vicino fienile. "Ero con la mia compagna nell'alloggio accanto. Ci siamo salvati per un minuto: avremmo potuto morire intossicati. Se quell'incendio è doloso, allora è stato un tentato omicidio". A parlare all'ANSA è il fotografo naturalista Lorenzo Shoubridge, premiato, tra l'altro, per tre anni consecutivi al Wildlife photographer of the year, l''Oscar' della fotografia naturalistica.
Classe 1981, è originario di Camaiore (Lucca) e in Valle d'Aosta lavora a un progetto fotografico personale sul Parco del Mont-Avic. Sul rogo la procura di Aosta ha aperto un fascicolo per incendio doloso: sono stati trovati degli inneschi, delle scatolette contenenti pellet da cui - in base a una prima ricostruzione - sarebbero divampate le fiamme. Indagano i carabinieri.
"In quel piccolo alloggio - si dispera Shoubridge - ho perso tutta la mia vita materiale: 90 mila euro di attrezzatura fotografica, informatica e alpinistica ora perlopiù inutilizzabile. Ma adesso è come se fossimo dei fantasmi. Tutte le autorità sapevano che ero qui ma si è parlato solo dei cavalli, che per fortuna sono salvi. Nessuno si è preoccupato di me e della mia compagna, nessuno è venuto a vedere l'abitazione dove dormivamo". Interpellata al riguardo, Luigina Voyat, dell'azienda agricola Le Bonheur, non ha voluto rilasciare dichiarazioni.
Tornato per qualche giorno in Toscana con l'intenzione di riprendere presto il suo lavoro in Valle d'Aosta, il fotografo spiega: "Da due anni e mezzo vivevo in un alloggio ricavato accanto al fienile. Quella sera, verso le 19.45, sono rientrato da un'escursione in montagna di un giorno e mezzo insieme alla mia compagna, che mi aveva raggiunto dalla Toscana. Dopo la doccia, stanchissimo, mi sono addormentato. E' stata lei a salvarmi. Sarà successo 30-40 minuti dopo il nostro arrivo: ha sentito un forte boato e mi ha svegliato".
Prosegue Lorenzo Shoubridge: "Io ho aperto il lucernario. Le fiamme erano vicinissime, siamo stati invasi da una nuvola di fumo. Così ho chiuso tutto, ci siamo vestiti velocemente e ci siamo precipitati fuori. Subito con il cellulare ho chiamato il 112 e ho allertato i vigili del fuoco. Dopo aver tranquillizzato lei e averla messa al sicuro, ho girato per tutti i locali urlando i nomi di Lella e Luciano, i proprietari. Non c’era nessuno, così sono tornato davanti al mio alloggio. Ho trovato un volontario, credo dei vigili del fuoco. Gli ho spiegato che dentro avevo tutta la mia attrezzatura fotografica e alpinistica. Così abbiamo preso una scala e nonostante le mie vertigini l’ho seguito sopra al fienile. Su sua indicazione abbiamo rimosso delle pietre e distrutto il colmo del tetto, per rallentare almeno leggermente il propagarsi delle fiamme. Poi sono sceso, ho trovato picche e martelli e li ho dati ai pompieri volontari giunti nel frattempo. Ero sotto choc. Ho provato a tornare nell’abitazione per salvare almeno i miei hard disk con anni di lavori fotografici, ma c’era troppo fumo. Dopo tre o quattro metri sono dovuto scappare fuori. Nel frattempo sono arrivate le autocisterne: i vigili del fuoco hanno dato l’anima”. Nella disperazione, il fotografo intravede un “segno” di speranza: “Vorrei poter dire che in tutto questo sia un segno il fatto che solo due libri non puzzano di fumo e sono immacolati. Uno è sul Wabi-sabi, disciplina che mi piace. L’altro è su Vincent Munier: per me è l’icona universale di quello che deve essere un fotografo naturalista”.